Geni del Calcio: Roberto Mancini

in #actifit5 years ago

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Il Mancio era un vero e proprio talento calcistico, ha militato soprattutto nelle fila di Sampdoria e Lazio, non sicuramente due squadre blasonatissime, ma nonostante questo è riuscito con entrambe nell'impresa di vincere uno scudetto, fatto non da poco considerando il fatto che le due non hanno mai avuto la disponibilità economica dei club più importanti e potenti d'Italia. Nella Samp, assieme a Gianluca Vialli, i due formavano un coppia micidiale, dove Roberto si calava nel ruolo del classico numero 10 con classe da vendere il quale era in grado di inventare giocate straordinarie, Gianluca invece, era il numero 9 per eccellenza, finalizzatore senza pietà nei confronti degli avversari. Erano talmente affini che venivano chiamati i gemelli del gol, un soprannome ereditato dai mitici Paolo Pulici e Ciccio Graziani dai tempi nei quali giocavano nel Torino. Non male come Goleador il Mancio, in 765 partite disputate tra Club e Nazionale è andato in rete 207 volte ed ha sfornato soltanto 20 assist.

Il gol di tacco al volo del Mancio con la casacca della Lazio contro il Parma è il simbolo della sua maestria. Non solo tacchi funambolici comunque, facevano spesso parte del suo repertorio sforbiciate, colpi volanti e calci di punizione magistrali. Dopo una bellissima carriera da giocatore iniziata nel 1977 nelle giovanili del Bologna, dove è rimasto 5 anni, si è conclusa nel 2001 nelle fila del Leicester City, in terra inglese, dove ha giocato soltanto 4 partite. Nel mentre, prima in Liguria e dopo nella capitale, ha vinto 2 scudetti, 6 coppe Italia, 2 Supercoppe Italiane, 2 Coppe delle Coppe ed una Supercoppa UEFA. Un bottino niente male per aver giocato in due squadre che non sono mai state delle superpotenze calcistiche, purtroppo non è mai riuscito a vincere il trofeo più prestigioso d'Europa né ad ottenere grossi risultati con la nazionale Italiana.

Ed eccoci alla Nazionale, diciamo che il suo rapporto con lei è di gran lunga migliore oggi di quello dei suoi anni come calciatore, un rapporto molto complicato che si risolse in soltanto 36 partite giocate e 4 gol seganti, trofei vinti: zero. Questa situazione assai complessa porta il nome di una città: New York. Durante una tournée negli U.S.A. nel 1984, una notte gli venne la sciagurata idea di lasciare l’albergo dove alloggiava la squadra per andare a divertirsi con alcuni suoi compagni nei locali della Grande Mela. Questa sua scappatella fu scoperta dall'allora commissario tecnico Enzo Bearzot che gliela fece pagare molto cara, perché venne più convocato in azzurro per molti anni.


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Ora, al contrario di allora, il rapporto si è ricucito, anche perché Rosichello (il suo soprannome romano per la sua insofferenza nei confronti delle sconfitte) ora ne è il commissario tecnico. La sua carriera di allenatore è iniziata dopodiché dalla stagione successiva guidò in prima persona le rose di Fiorentina, Lazio, Inter, Manchester City, Galatasaray, nuovamente Inter e l'ultimo club finora è stato lo Zenit S. Pietroburgo. Il suo Palmarès nei panni dell'allenatore è di tutto rispetto: 3 scudetti con l'Inter, 4 Coppe Italia con Fiorentina, Lazio e due con l'Inter, con quest'ultima ha vinto anche due Supercoppe Italiane.

Anche la sua avventura all'estero ha portato buoni risultati, riuscendo a vincere una Premier League, una FA Cup, una Community Shield e per finire una Coppa di Turchia. Ora sta tentando di portare l'Italia a giocarsi i campionati Europei del 2020. Ha allenato club prestigiosissimi ma non li ha mai frequentati da giocatori per un amaro scherzo del destino, nel 1977 egli era il miglior talento di Jesi, la città nella quale è nato, all'epoca fece un ottimo provino col Milan al termine del quale gli fu promesso dai dirigenti della squadra che lo avrebbero contattato presto, ma la lettera di convocazione non arrivò mai. Dopo alcuni anni scoprì che avevano spedito la lettera all’indirizzo sbagliato, non la mandarono all’Aurora (dove giocava lui) ma al Real Jesi.

I suoi maestri allenatori sono stati due: Vujadin Boskov, con il quale vinse lo scudetto nel 1991 con la maglia della Sampdoria, all'epoca i rumors dicevano che "Tanto la formazione la fa Mancini". E dopo Sven Goran Eriksson, che dopo essere stato suo allenatore in blucerchiato, lo volle con se alla Lazio per vincere il 2° scudetto, erano i suoi ultimi anni da giocatore professionista e lì si narra che abbia imparato l’arte della gestione dello spogliatoio. La sua carriera nel mondo del calcio potrebbe rivelarsi ancora parecchio lunga e regalargli ricche soddisfazioni.


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