Le nuove mostre
Che gradevoli film quelli di Dino Risi, I mostri e I nuovi mostri, dove, con sapienza e con arguzia, il regista ha saputo descrivere le abituali mostruosità del nostro mondo, di quella che era la modernità negli anni 60 e 70, ma ancora così attuale...
Personaggi concentràti su idee piccole ed egoistici obiettivi, per cui sono disposti a sacrificare anche le persone più vicine.
Niente a che vedere con I mostri all'angolo della strada, leggendario e fantascientifico libro di Lovecraft, in cui gli esseri descritti sono palesemente spaventosi, in una inquietante cornice di acque scure , sede di strane trasformazioni...
I mostri di Risi, invece, sono apparentemente normali, gente comune che però, guardata con occhio critico ed intelligente, esprime varie anomalie dell'anima, generalmente orientate verso la grettezza e l'orizzonte limitato.
Vorrei dire di non conoscere persone così, ma purtroppo questa società dove l'avere ha grandemente sopraffatto l'essere, ne è piena, forse ancor più degli anni descritti da Risi.
Guardo i miei allievi e già tra di loro ne intravedo qualcuno che ha buone probabilità di trasformarsi in un essere mitologico. Non in un eroe o in una dea, piuttosto in uno di quei soggetti ibridi e chimerici dove più specie si fondono tra loro nell'impeto di raggiungere obiettivi che nulla hanno a che fare col puro pensiero... Peccato, ragazzi, vorrei dire, sprecare l'occasione che la scuola vi dà e che non è quella del titolo di studio. Certo, da questo liceo, sono usciti ed usciranno avvocati, medici, notai, insegnanti, ingegneri e biologi... Ma la cosa che più di ogni altra vorrei è che ne uscissero persone in grado di dare un senso ai propri giorni che non sia quello di far soldi o diventare un notabile della città. Che sviluppassero quella intelligenza emotiva che consentirà loro di "essere" anzichè sopravvivere... Quel pizzico di stoicismo che non guasta mai, solo raramente lo intravedo tra i miei borghesi allievi e quasi mai tra i loro genitori che all'essere hanno per lo più abdicato e neppure lo sanno.
Ma la mia attenzione si rivolge maggiormente al mondo femminile, quello che ha custodito il privato, la storia con la minuscola, la narrazione della famiglia... Ecco, guardando le donne, negli anni, ho visto progressivamente ridursi di numero le figure che portavano la memoria e l'affetto e comparire sempre più numerose quelle che, per similitudine, mi piace chiamare "le nuove mostre".
A volte la mostrerìa si evidenzia già ad un primo sguardo : quando le labbra diventano canotti e gli zigomi cuscinetti, quando il rifatto è più del naturale... ebbene sì, miei simpatici lettori, la donna a quel punto è diventata un mitico animale mezzo femmina e mezzo materassino o anche un po' verde e un po' paonazza, a seconda della disposizione della plastica aggiunta e della sua reazione col carnato originario.
Scriveva ieri su FB la mia amica Claudia, filosofa di lungo corso : "Vi capita mai di incontrare un coetaneo/a che non vedevi da qualche anno e pensare : "Mamma mia, come è invecchiato/a!".
State tranquilli perché lui/lei penserà lo stesso di voi!"
E poi :
"Ah, in aggiunta al post di prima su coetanei invecchiati esattamente quanto noi, aggiungo cinicamente per le signore : e non pensate che imbellettandovi con la pennellessa, ricutinandovi con scrub e peeling e, anche, in ultima ipotesi, facendo qualche ritocchino, gli altri vi daranno dieci anni di meno. Primo: perché in questa città ci si conosce tutti e , se non siamo stati a scuola insieme, almeno per il corso ci si incontrava e quindi è un po' difficile nascondere l'età 2) perché di una donna di 60 anni ritoccata o ripassata col rullo di tintal nessuno dirà che ha 40 anni, ma semplicemente che è una di 60 che si è riaggiustata 3) se facciamo qualcosa per migliorare il nostro aspetto, è vero quello che di solito si dice mentendo : "mica lo faccio per gli altri, lo faccio per me".
Io comunque i capelli me li tingo biondo grano anche se nessunissimo può pensare che sia il mio colore...
Finte bionde si sta meglio che bianche, no?"
Grande Claudia che con poche e argute parole ha inquadrato quello strano fenomeno dell'invecchiamento soggettivo. Quello per cui, cioè, ciascuno è convinto di portare benissimo gli anni , in specie le signore che, guardando le rughe o i cedimenti strutturali delle amiche, le trovano tanto tanto più vecchie, così cambiate...
Illusione, dolce chimera sei tu... Così suonava una vecchia melodiosa canzone. Così dovremmo ripetere alle giovincelle immaginarie che hanno passato i cinquanta, a volte i sessanta, ma nel loro tenero cuoricino continuano a vedersi come quando di anni ne avevano la metà e, come mi ha fatto notare la perspicace Claudia, non di rado BAMBOLEGGIANO:
cosa c'è di più crudelmente ridicolo del bamboleggiamento fuori tempo? Assai poco, direi.
Boccucce a canotto o con teneri ritocchini di botulino od anche al naturale, ma atteggiate ad una sorta di ammiccamento, forse sexy nella ventenne-trentenne, decisamente penoso quando l'età è quella della nonna, reale o potenziale che sia.
Forse non hanno chiaro quel concetto che, implacabile, permea le nostre vite, quello dell' "impermanenza", che cioè siamo soggetti ad un divenire ancor più accentuato di quello descritto da Eraclito. Il filosofo di Elea, infatti, si riferiva soprattutto alla natura e ai suoi mutamenti, non entrava, per quanto ne sappiamo dai suoi frammenti, , nell'osservazione dell'individuo. Doloroso anche per Eraclito? Può darsi... Ma, amiche lettrici, amici lettori, fate un esercizio. Guardate una vostra foto di dieci anni fa (o magari di venti o trenta per le meno giovani) e vedrete che, malgrado il vostro sentirvi in forma, molte cose sono cambiate, la forma del viso, lo sguardo, la silhouette anche a parità di peso. Il mutamento è costante. I giorni scorrono uno dietro l'altro e sembra che siano tutti molto vicini, ma la somma delle ore e dei giorni corrisponde agli anni, la somma degli anni ai decenni... Chi è quella neonata in braccio alla mamma nella foto in bianco e nero? E la bambina col vestito della prima Comunione? E quella giovane nel giorno della laurea? E... ecco , fate questa prova , la prova delle tre foto. Se resistete all'impatto guardandovi allo specchio subito dopo, avrete un'idea precisa di cosa significhi impermanenza.
Ma la categoria delle nuove mostre ha nelle sopra-descritte fenotipicamente modificate la porzione meno spaventosa , anzi, se limitata al canottaggio estetico, in qualche modo divertente.
Ci sono invece le "modificate a fil d'altare", cioè le ex ragazze da marito che hanno coronato il sogno d'amore sposando un individuo le cui oggettive qualità sono ininfluenti rispetto a ciò che la consorte racconta ed esibisce. Sono professionisti, ricchi imprenditori, politici di grido... uomini di successo, in qualche modo, garanti di una vita agiata per la donna che li ha resi mariti e per gli eventuali (direi necessari) figli. Esempio fulgido della categoria è la mia biscugina Chiarastella che, dopo una formazione scolastica piuttosto farraginosa, ha per alcuni anni lavorato come insegnante di scuola materna fino a che, intorno ai venticinque anni, ha sposato il suo medico di famiglia, trentenne rampante e di bell'aspetto. Due figli maschi e una villetta col giardino hanno completato l'opera. Dopodichè la giovane signora ha lasciato il lavoro per occuparsi della famiglia che si è ancora accresciuta in poco tempo di una figlia femmina , un cane e una domestica a tempo pieno.
Le frasi storiche di Chiarastella, quelle con cui la identifico nel mio pensiero , sono :
"... perchè IO -sottolineato con la voce e con il gesto mano sul cuore- sono maaammma TRE voltee... "
E, come diceva il marchese del grillo, "io so io e voi non siete un c...."
"...Paolo (suo marito) è veramente veramente uno che aveva la vocazione, lui è preso dal suo lavoro,fare il medico è una mmmissione, non è come insegnare , mia cara Giulietta. Ne va della vvita della ggente. Che poi tu insegni filosofia, via diciamocelo, una materia di cui si può fare a meno. Lo diceva anche mia nonna : -la filosofia è quella cosa che, data al quale e tolta la quale, si rimane tale e quale..."
"... I mmmiei figli sono ragazzi trroppo brravi, abituati bbbene, non come qquelli delle mamme che lavorano e non preparano mmai la mmerenda... Io (mano sul cuore) gli sto addossso, dietro dietro, so cosa fanno... nnon come tua sorella Desdemona che ha abituato BBettina a cavarsela sempre dda solaaaaaaaaa... Io gliel'hoddetto - devi lasciare qqualcuno ddei tuoi impegni se non vvuoi che tua figlia diventi una sselvaggia... E llei ssai cosa mi ha risposto? - Non rinuncerò nemmeno a un quarto d'ora di ciò che mi interessa e Bettina me ne sarà grata- OOH ma dico io ... Certo lei non ha un marito mmmedico, anzi nnon ha neppure mmarito... "
"... E tu, Giulietta, cossì dolce, ma perchè nnon ti sei fatta una vvita?"
Ecco , un punto fisso delle nuove mostre è questo : farsi o rifarsi una vita. Dove per vita si intende una esistenza uguale alle loro,dove si può dire sempre "mio marito" , "i miei figli", dove la propria identità nasce in relazione al ruolo di moglie e a quello di madre. Tutto il resto è sabbia, sabbia di un deserto senza fine, dove soffia un vento caldo e freddo al contempo.
Fate caso, miei adorati lettori, a quanto sia usata a sproposito, e quanto spesso, l'espressione - rifarsi una vita- luogo comune tra i più stupidi e feroci.
Implica infatti che :
1- la vita in quanto tale (specialmente per una donna) non ha senso. Cosa vuoi che siano la tua preparazione, il tuo lavoro, il tuo modo di amare cose e persone? Quello che conta è l'essere accoppiata, poter dire in un consesso di donne, che non puoi trattenerti perchè tuo marito o i tuoi figli aspettano che tu prepari loro la cena /il pranzo/la merenda/il pic-nic... Aspettano quel magnifico elettrodomestico che dispensa cibo e regole in quantità.
2- qualora un fidanzamento, un matrimonio, una relazione siano finiti, sicuramente ci sarà la necessità di ricreare quanto prima una analoga condizione, pena rimanere senza una vita, come nei più famosi videogiochi . Non so se conoscete il Pac-man... Se rimani senza vite, muori definitivamente. E così, se resti senza marito e senza figli, come me, è come se tu non vivessi. Se ti separi dal padre di tua figlia, come Desdemona, sei una madre sicuramente disadatta, tua figlia avrà problemi, dovresti rifarti una vita anche per il bene della bambina... Se vivi molte storie sfortunate o avventurose, come le Incompiute, beh, allora le parole usate sono altre... La vita lì sì che andrebbe rifatta...
3- la vedovanza, socialmente più tollerata ed anche commiserata, specie se in età non avanzata, è comunque una condizione di minorità. Colpisce più di rado delle separazioni, al giorno d'oggi, ma si potrebbe dire che è ubiquitaria dato che ha l'impudenza di interrompere i piani più perfetti non solo delle sgallettate o tendenzialmente incompiute, ma anche di chi compiuta lo è o comunque lo si ritiene. Anche in questo caso non mancherà chi auspica vite da rifare, ma con più rispetto in confronto all'abbandonata o (molto peggio) all'infedele.
Ma, tornando alla mia parente non troppo stretta, ma sufficientemente entrante, non posso tralasciare il fatto che Chiarastella, oltre a ritenere se stessa e la sua famiglia metro e misura di perfezione e ad invitare di conseguenza le altre a farsi/rifarsi una vita ad immagine e somiglianza della sua, ha sempre avuto la simpatica abitudine di sfrecciare in macchina come se fosse ad Indianapolis per le strade della nostra città, incurante del pericolo. Soprattutto di quello altrui, dato che viaggia con il SUV , generalmente, e con questo corre implacabile dal supermercato alla scuola dei figli, dalla parrucchiera al campo di calcio dove gioca il secondogenito alla scuola di danza ovviamente frequentata dalla ragazzina.
Osservandola nelle sue performances ( piccoli incidenti compresi), delle quali non riuscivo a capire il senso, ho potuto estrapolare un'altra grande verità. Esiste una categoria particolare di automobiliste cittadine che imperversano sprezzanti del pericolo. Si tratta delle Casalinghe Scatenate che brandiscono l'auto come fosse un aspirapolvere, sprezzanti ed aggressive nei confronti della strada come lo sono rispetto alla polvere di casa. Desdemona sostiene che è un modo di affermare se stesse, il loro "tanto da fare", la loro vita piena di impegni... Altro che lavoro... Molto di più. Io non so quale sia il motivo, ma questo sottogruppo di donne guidatrici urbane dai modi poco urbani è una realtà che non conosce limiti di velocità, adora i semafori gialli tendenti al rosso per andare avanti nonostante (I semafori rossi non sono Dio, lo cantava anche Gino Paoli...), ignora i divieti di sosta, specie in prossimità di scuole, negozi di alimentari e pasticcerie.
Quelle che possiedono un SUV o una station wagon esibiscono non solo il loro stato di sposate con prole, ma anche quello di ben maritate. Mentre le loro colleghe che hanno avuto in sorte un matrimonio meno brillante, si accontentano di una utilitaria, ma non differiscono molto nei comportamenti.
Il piccolo supermercato dove mi reco a fare la (poca) spesa che mi serve è situato in una breve strada a senso unico.
Non potete capire quante di queste signore entrano contromano, parcheggiano di traverso o, in casi estremi, se non riescono proprio a collocare la vettura, percorrono tutta la via in senso vietato, molto seccate per il contrattempo che le costringe a fermarsi trenta metri più là. E come si arrabbiano se qualcuno fa notare che stanno andando nella direzione proibita... Loro hanno da fare, perdinci, mica da perdere tempo come le professoresse di mezza età, senza marito e senza figli, zitellissime.
Da uomo, ma capisco il tuo il tuo punto di vista. Ti seguo.
Grazie
L'io narrante del post non sono io, ma un personaggio immaginario, la professoressa Giulietta Tesorini. E preciso che io non sono un'insegnante, ma un medico. Quindi tutta fantasia, con spunti dalla realtà, ovviamente