Natale al sud
E’ iniziato così:
“Amo’, ma se quest’anno il Natale lo facciamo giù dai miei ? Che dici?
Se la persona che ami inizia la frase con “ Amo’ “ non hai via di scampo, il tuo destino è segnato. La risposta non potrà che assecondare le volontà del partner, a meno di non essere masochista. Quindi la risposta non potrà che essere:
“Che bella idea!!”
E così è stato.
Questo breve racconto è dedicato a chi, come me gente del nord, ha vissuto l’esperienza dei pranzi e cene di Natale al sud e lo ha fatto senza una sufficiente preparazione gastrica. Il servizio sanitario nazionale dovrebbe seriamente pensare ad un certificato medico che attesti l’adeguata preparazione di quelli che si apprestano ad affrontare pranzi e cene natalizie al sud. Il paziente andrebbe preparato, come si fa, ad esempio, con le profilassi da seguire per viaggi in paesi tropicali a rischio malattie infettive. Fare seguire al paziente una dieta ipercalorica nei giorni che precedono il Natale sarebbe opportuno.
Torniamo a noi.
L' anti-vigilia
Da dove partiamo?
Partiamo dall’arrivo. Si, dall’arrivo alla stazione di Napoli Centrale, il giorno 23 dicembre, poco dopo le 18 o le 19, non ricordo. Tanto in questa storia i tempi non sono importanti. Il motivo è la differente percezione del tempo tra nord e sud. Ad esempio al nord quando ci si riferisce al Natale si intende, solitamente, il 24, il 25 e il 26 Dicembre, poi c’è il Capodanno. Al sud non è così, a Napoli non è così, il Natale va dall' 8 Dicembre, festa dell'Immacolata, alla Befana. Circa.
Ore 19 circa
Al binario c’erano ad attenderci i due fratelli minori della mia dolce metà, Antonio e Domenico detto Mimmo.
Dieci minuti dopo ero seduto in via Toledo con in mano un bicchiere e dentro al bicchiere un babà affogato nella crema al limoncello. L’epopea partenopea gastronomica, quasi senza accorgermene, era iniziata.
Come Donatella, la mia compagna, anche Antonio e Mimmo vivono al nord. Antonio vive a Roma ed è sposato con Aleida, una bella ragazza cubana che il marpione ha conosciuto durante uno dei suoi viaggi “culturali”. Ad Antonio piace apparire, sempre ben vestito con i marchi in bella vista, mai un capello fuori posto, automobile mai più vecchia di 2 anni, telefonino ultimo modello. E, non si sa come, Antonio riesce a spendere per ogni cosa “ ’na fessarìa ”. Mimmo invece è un ragazzo tranquillo, studia Scienze motorie a Milano, ed è fissato con la forma fisica.
Ore 20
Finito il babà ad Antonio viene una brillante idea:
“Che dite ce lo prendiamo un cuoppo ?”
Per i pochi che non lo sanno, il cuoppo è un cartoccio riempito di tutto il “friggibile” possibile. C’è sia di terra che di mare. Arancini, crocchette di patate, zeppoline, fiori di zucca ripieni di ricotta, filetti di baccalà fritti, alici fritte e, le mie preferite , le zeppoline di mare, che se non ho capito male, sono pasta di pizza fritta con alghe. Non possiamo poi dimenticare anelli di calamari e moscardini fritti.
Potevo dire di no. E infatti non l’ho detto.
Ore 21
Siamo arrivati a casa di Donatella poco prima delle 21 e i suoi genitori, fortunatamente, erano ad una cena con amici. Solo adesso ho capito che Sant’Antonio quella sera mi ha fatto la grazia. Non oso immaginare cosa avrei dovuto ingurgitare ancora se fossero stati in casa. Dopo un limoncello e altri dolcetti finalmente andiamo a dormire. Donatella in camera sua e io in camera con Mimmo. Antonio e Aleida a casa della zia.
La vigilia
Ore 7
Un rombo invade la casa. Era l’aspirapolvere. Rosa, la mamma di Donatella, era già all’opera. La casa andava sistemata, non c’era tempo da perdere. Sistemare la casa e apparecchiare il tavolo. Ebbene sì, a Napoli il tavolo va apparecchiato all'alba del 24 Dicembre e resterà apparecchiato per i due giorni seguenti, ininterrottamente. Mobili che cambiano posto, pareti abbattute, divani scomparsi nel nulla. Questo quello che avrebbe visto chi fosse entrato in salotto in quel momento. La cosa che più mi ha impressionato è che la signora Rosa, all'apparenza una donnina minuta e fragile, spostava oggetti pesanti almeno il triplo di lei con noncuranza.
Vi risparmio i dettagli della colazione, che è durata quasi un ora. Ho fatto da cavia assaggiando tutti i dolci preparati.
Ore 8.30
Giuseppe, il padre di Donatella, mi prende da parte. Ci siamo, mi son detto, qua inizia la solfa di :“Quando vi sposate ?”, oppure “Vivete nel peccato” oppure “Un nipotino a nonna Rosa quando glielo facciamo ?”
E invece mi sbagliavo: Giuseppe voleva sapere come si usano i programmi di fotoritocco perché si diletta a fare fotomontaggi ma, come dice lui, gli vengono ancora “ ’na chiavica! ”. Dopo il mini corso Giuseppe è felice:“ Ueh, e adesso si ragiona!”.
Ore 9
Come uno zombie che esce dalla tomba spunta fuori Mimmo. Dopo aver dato il buongiorno si avvicina alla signora Rosa e sommessamente: "Mamma, ma che per caso hai fatto pure i roccocò?"
Non avevo la più pallida idea di cosa stesse parlando ma la mamma lo guarda, non risponde ma annuisce come se il figlio avesse chiesto un'ovvietà e sfodera una teglia di biscotti seguito da "Mangia che ti sei sciupato! Questi sono la prima infornata, assaggia". Sì, perché la signora Rosa ragiona per infornate.
Ad un certo punto Mimmo, quasi a volersi confessare, mi dice:
“Ogni anno per recuperare la forma che avevo prima delle feste mi servono 2 mesi intensi di palestra. Ma come si fa a resistere alla cucina di mammà?”
“Non si può e non si deve, sarebbe un peccato mortale sprecare tanto ben di Dio” rispondo io.
La signora Rosa ascolta e mi lancia un’occhiata con gli occhi a cuoricino.
Ore 10
Torniamo alla rivoluzione della casa: una volta aumentata la superficie calpestabile, come per magia, compaiono tavolini e decine di sedie. La casa è completamente diversa da quella in cui ero entrato la sera prima. Oltre agli addobbi natalizi ora, al centro del salone, c'è una spianata di tavolo di circa 12 metri. Ne ho visto uno più lungo solo alla Reggia di Caserta. Mi affaccio alla finestra: c'è il golfo che brilla, posso stare a mezze maniche, non fa freddo.
Ore 12.30
Uno potrebbe pensare che, in vista del cenone della vigilia, a pranzo il 24 dicembre non si mangi o si mangi poco. Niente di più sbagliato. Mi arrendo dunque al pranzo, che ovviamente prevede primo, secondo e contorno di “quello che c'è”, “giusto per stare leggeri”, seguito da rigoroso riposino pomeridiano ristoratore.
Ore 16
Vengo svegliato verso le 16 da un forte vociare tra Donatella e la mamma su come vadano incartati i regali.
Entrando in salotto, in un angolo, scopro la presenza di un bel presepe, progettato e realizzato dal signor Giuseppe. Anche le casette le ha costruite lui con il cartone e la colla. C’è persino la fontana dove esce acqua vera, mi spiega che ha usato la pompa vecchia dell’acquario.
Ore 20.30
Vi risparmio la descrizione della cena del 24 perché eravamo solo noi "intimi".
Una menzione particolare va però fatta ai “vermicielli co la mollica de pane e vongolelle”, e agli gli struffoli. Ma chi li ha inventati gli struffoli? Avrei voluto infilarci le mani dentro a quella montagna dorata di sferette ricoperte di confettini.
Ore 23
Dopo cena la Santa Messa dove, più che ad una funzione religiosa, mi è sembrato di assistere ad una sfilata di moda. Con una piccola nota dolente: i costosi profumi erano coperti da zaffate di vino e odore di frittura.
Il giorno di Natale
Eccoci dunque al giorno fatidico, il giorno in cui il signor Giuseppe mette il bambinello nel presepe, diventiamo tutti più buoni, ma ancor più il giorno nel quale ho visto all’opera la mia famiglia acquisita per la prima volta. Sì, perché il giorno di Natale a pranzo, si riunisce tutta la famiglia al gran completo. Uno spaccato di vita napoletana che in confronto “Natale in Casa Cupiello” è roba da dilettanti.
Ore 8.30
Sopravvissuto tra le altre cose, al baccalà, ai broccoli fritti, ai calamarielli, al capitone, al carpaccio di salmone, all'insalata russa, quella di mare e alla pizza “purp' e scarola”, alle “ragoste vollute co la sauza de zuco de limone”, ai “vermicielli co la mollica de pane e vongolelle”, e agli struffoli già citati, mi ritrovo a smaltire l'alcool di ieri sera di nuovo catapultato nel cantiere della signora Rosa che già da ore ha messo a "pippiare" il misto di carne per il pranzo.
Vi assicuro che svegliarsi di prima mattina con l'odore di soffritto è una cosa che, per chi non l'ha mai provata, può sembrare disgustosa, ma che invece a Napoli fa subito casa.
Ore 10
A Napoli la mattina di Natale chiunque incontri in giro è rigorosamente elegantissimo, compresi i bambini. Subito prima di pranzo è d'obbligo un veloce aperitivo nel bar più elegante della zona per poi tornare a casa giusto in tempo per controllare gli ultimi dettagli prima che arrivino i parenti. Tutto deve essere perfetto, la tavola deve essere festosa e colorata con vischio, angioletti e candele. Gli antipasti a base di formaggi vari (che non la metti una bufala?), salumi di tutti i tipi, olive di Gaeta, sottaceti e sottolio devono fare bella mostra.
Il pranzo dunque.
Ore 13
Eravamo in 32 di cui 22 adulti , 10 bambini di cui 2 neonati. Da quanto mi è stato riferito eravamo anche pochi rispetto agli standard campani. Ovviamente per questa occasione è stato tirato fuori il servizio "buono" e le tovaglie del "corredo" della signora Rosa. Da non confondere con il corredo, gelosamente custodito da nonna Carmela, che invece è destinato a Donatella il giorno in cui il Padreterno farà la grazia di farla “ammogliare”. I bambini presenti non hanno voluto dire la poesia, allora ci ha pensato Antonio a mantenere viva la tradizione recitandone una imparata almeno venti anni prima. Me la sono fatta scrivere per riportarla nel modo più fedele possibile:
"Nu zampugnaro ‘e nu paese ‘e fora, lassaje quase ‘nfiglianza la mugliera… Se partette pe’ Napule ‘e bon’ ora sunanno, allero allero: Ullèro, ullèro… E ullèro, ullèro… Ma nun era overo: ‘o zampugnaro, penzava ‘a mugliera… e suspirava… e ‘a zampogna, ‘e suspire s’abbuffava… Ah… ah… Cuccato ‘ncopp"a paglia, ‘o Bammeniello, senza manco ‘a miseria ‘e na cuperta, durmeva, ‘mmiez’’a vacca e ‘o ciucciariello, cu ll’uocchie ‘nchiuse e cu ‘a vucchella aperta…E ullèro, ullèro… che bella faccella, che bella resélla, faceva Giesù quanno ‘a Madonna cantava: "Core mio, fa’ nonna nonna…" Ah… ah… Mmerz"e vintuno, ‘e vintiduje d"o mese, na lettera lle dettero ‘a lucanna… ‘sta lettera veneva da ‘o pagghiese e sotto era firmata : Marianna… "E ullèro, ullèro… sto bene in salute
e cosí spero sentire di te: Sono sgravata… e duje figlie aggio fatto, una figliata." Ah… ah"
Proprio mentre pensavo alle poesie che recitavo io il giorno di Natale e di cui ho perso memoria, ecco arrivare la zia Elena con le cugine Marilisa e Pinetta, single da una vita e voraci come due camionisti. Come le ho viste mi sono venute in mente la matrigna e le sorellastre di Cenerentola. Pinetta fa l'insegnante, come da tradizione per gran parte delle donne di famiglia, è zitella e “sicca sicca”. Marilisa invece è tutto l'opposto perché ha ripreso da zia Elena e quindi nonostante mangi come un canarino (così almeno lei dice) è bella cicciotella. La signora Elena è famosa per due cose: l'orgoglio e la pasta al forno. Orgogliosamente infatti mi parla della sua ricetta: 10 strati tenuti insieme da 3-4 litri di sugo, rigorosamente fusilli lunghi di Gragnano, trafilati al bronzo, ruvidi, conditi con conserva di pomodoro e ricotta.
Inutile dire come le perplessità di Aleida per la sua intolleranza al lattosio vengano liquidate con uno sbrigativo "Mangia che è buono... tutte queste intolleranze mica esistevano prima!".
Arrivano altri parenti alla spicciolata facendosi gli auguri a vicenda e poi mille commenti su quanto eravamo cresciuti, anche a me che era la prima volta che li vedevo.
Zio Antonio l'avvocato, il cugino della signora Rosa, è arrivato per ultimo con la moglie Teresa che fa la dottoressa. Come mi fa notare Mimmo senza farsi sentire:
“Bisogna sempre ricordarsi che loro hanno studiato assai e puoi star certo che ce lo ricorderanno durante il pranzo, vedrai, vedrai”.
Zio Antonio è famoso per i suoi regali un tantino eccentrici, tra cui mutande e calze provenienti, credo, da qualche sexy shop della zona.
La zia Teresa a Natale non cucina, ma c’è un perché: a Pasqua può sfoggiare la sua mitica pastiera con grande invidia delle altre donne di casa. Quale sia il suo segreto nessuno lo sa.
Ma passiamo in rassegna qualche altro membro della famiglia degno di nota.
Come non ricordare nonno Aldo che non potrebbe mangiare niente per via della pressione e del diabete, ma che se ne frega alla grande e spazzola tutto di nascosto mentre la badante rumena lo sgrida e tenta di levargli il piatto da sotto la forchetta. Pinetta mi spiega che Ludmila, la badante, è entrata a far parte della famiglia dopo aver lasciato in Romania un marito che la trattava male.
Torniamo al pranzo e alla carne cucinata dalla signora Rosa dalle prime luci dell'alba. A che serve vi chiederete voi . Ve lo spiego subito: serve per la famosa “minestra maritata”. Per chi non sapesse cosa sia la “minestra maritata” andiamo a spiegarlo. Trattasi di una pietanza composta da almeno 15 tipi di verdure che possono essere: borragine, broccolo a foglia di ulivo, broccolo amaro, broccolo bianco, broccolo nero, broccolo verde, cardo nano, cicoria, “cicorione”, scarola riccia e liscia, e “torzelle”. Le verdure vanno bollite mentre in un altro pentolone si fa cuocere un delicatissimo misto di carne costituito da due cotenne di prosciutto, due piedini di maiale, due scorze di parmigiano, salame, “tracchie” di maiale, un osso di prosciutto, un pezzo di coperta di costato di manzo, un pezzo di salsiccia, una gallina intera. Alla fine della cottura che dura ore e ore, si leva la carne e si filtra il brodo che va aggiunto alle verdure. La carne, che nel frattempo è diventata super morbida, si fa a pezzetti e si mischia nella verdura con una grattugiata sopra di parmigiano. In una dieta equilibrata è importante inserire frutta e verdura. E questo è quello che è stato fatto. Bravi.
Ore 14.30
I secondi non erano ancora arrivati ed io ero già allo stremo.
Tra l’altro avevo già bevuto quasi un litro di Falanghina quando il marito X della cugina Y, ha iniziato ad assillarmi con le sue teorie politiche e le soluzioni su un'Italia migliore. Per fortuna ero abbastanza brillo da fregarmene, ridevo.
Smisi di ridere quando mi misero davanti una fiamminga con arrosto misto di: pollo, agnello, capretto, arista di maiale, e a parte, quel "poco" di insalata "di rinforzo" che serve per sciacquare la bocca. Ho già ricordato che mangiare la verdura è importante?
Ore 15.30
Ho un leggero mal di testa e i movimenti del nipote (di chi? Boh!) Gennaro con i suoi entra ed esci da sotto il tavolo, accanto alla mia sedia, non aiutano. Gennaro è magrissimo ma mangia come un adulto. Del resto brucia.
Ore 16.30
Dei dolci vi riferirò più avanti.
Una volta arrivati (in tutti i sensi) alla frutta, le donne di casa sparecchiano in 2 minuti netti e ci si preparara a quello che a Napoli è un vero e proprio rito: la tombola.
Nonno Aldo mi dice che la tombola è sempre la stessa da tanti anni ma non si ricorda da quando, Mimmo mi spiega che viene tramandata di generazione in generazione. La signora Rosa la tiene riposta con cura insieme agli addobbi di Natale e ogni anno, sebbene sia sempre più “sgarrupata”, è sempre lì con le sue cartelle di cartone per rendere onore alla tradizionale giocata familiare.
Alcune dinamiche del gioco: il nonno continua a gridare "ambo" per tutto il tempo quando già eravamo arrivati alla cinquina finché zio Adolfo, impietosito, gli dà qualche moneta facendogli credere di aver vinto.
La cugina Annina, convinta che ci sia una congiura contro di lei, si ostina a ripetere "Ma avete tolto i numeri delle mie cartelle? Non ne è uscito nemmeno uno". Annina, per la cronaca, ha 55 anni e pesa 90 chili, ma viene ancora chiamata così perché è la più piccola delle sorelle.
Ad un certo punto la signora Rosa, che nel frattempo è presa da altre dieci milioni di cose, esordisce con : "Aspè mi sono caduti i ceci, che puoi ripetere tutti i numeri che sono usciti?".
Quando il cartellone tocca allo zio Antonio non si capisce più niente. Per fare il burlone inizia a pronunciare i numeri storpiandoli: quaranta-sedici per 56, novantanove per il 66, ecc. Qualcuno ride, qualcun altro si incazza.
Il pezzo forte della tombolata però arriva con zio Peppino che conosce tutta la smorfia a memoria e, complice il vino, spesso degenera con alcuni espressioni colorite che fanno imbufalire la moglie e ridere a crepapelle i bambini. "Chella che guarda abbasc'" ad indicare, credo, l'organo genitale femminile, ne è solo un delicato esempio.
Chiaramente il gioco non ha interrotto minimamente la degustazione. Tra un numero e l'altro si vince la noia con mustaccioli, struffoli, susamielli, pasta di mandorle, caffè e ammazzacaffè tra cui spicca il nocino fatto in casa dal cugino Gennaro.
Ore 20
Si arriva così a sera, con il simpatico siparietto del "Che facciamo mettiamo a tavola qualcosa di quello che è rimasto?". Il coro generale dei presenti "No, io non mangio, mi siedo solo per stare in compagnia" e anche "Ma no, non vi state a disturbare". Come finisce lo immaginate già? In men che non si dica ci si ritrova nella stessa identica posizione della tombolata ma con un piatto fumante al posto delle cartelle con i numeri. Nessuno escluso. E per “quello che è rimasto” si intende un pasto di tutto punto che va dagli affettati al dolce senza fare prigionieri. Al termine della cena, la signora Rosa e le zie si occupano di spartire equamente il cibo rimasto, così che ognuno può portarsi qualcosa a casa.
Santo Stefano
Ore 9
Stazione Centrale di Napoli: si torna a casa, al nord.
Vorrei restare ancora un po’.
Prima che parta il treno manca ancora mezzora.
“Perché non ci prendiamo una sfogliatella assieme?”
“Che bella idea!!”
“Riccia o frolla?”
“La riccia subito, la frolla la mangio sul treno”.
Il riassunto perfetto di una qualsiasi ricorrenza al sud (o un qualunque pranzo domenicale con una nonna italiana) 😂
Un excursus esilarante, mi dispiace non sia partito il voto automatico, ma in parte ne ho tratto vantaggio perché avevo inizialmente trascurato il post: così non solo l’ho letto ma l’ho pure votato con più VP di quanto avrei fatto col trail! (parlino pur sempre di centesimi, ma tant’é)
La scena finale della sfogliatella nella pasticceria davanti alla stazione credo sia un must di qualunque nordico ospite di campani. Ci sono passata anch’io, in un’occasione, ed è finita proprio a una e una. Una subito e una per il viaggio 😝😝
Grazie , si il voto automatico mi fa inc... , è già la seconda volta di seguito. Comunque sono contentissimo per il podio :-)
Ahahahaha bellissimo e veritiero spaccato, posso confermare! XD
Una bella e strana esperienza. Alla fine mi ero ambientato abbastanza bene, sarei potuto restare un altro mesetto
Bellissimo post...viva il Sud e chi lo ama!!
VIVA !!!
:-) bellissimo post
grazie