Two-Timing Fiction Story: IL CONTO TOCCA AI PESCI LESSI [Italian version]
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Titolo: IL CONTO TOCCA AI PESCI LESSI
(Title: The bill is up to the limp fish)
CAPITOLO 1
(PROMPT - 765 parole)
L'autobus sorpassa una bicicletta ferma a bordo strada. Sul display illuminato c'è il numero della linea e la dicitura Canberra in stampatello.
È la mia corsa.
Le porte si aprono e scendono dieci persone. Poi salgo io.
Sguardi interessati mi arrivano addosso. Sono un bel ragazzo, lo so. A trentacinque anni si contano ancora gli addominali uno per uno. Ma questo grado di attenzioni preferisco evitarlo, specie se da due vecchiette con la dentiera.
Prendo posto quasi in fondo, sopra una coppia di sedili lasciata vuota. Sono freddi e scricchiolano quando mi ci appoggio.
L'autobus riparte e vedo i lunghi grattacieli che scorrono sui finestrini. Tornando da Delhi, ho trovato a Sydney una folla che non rammentavo. Non mi piace un granché, a dirla tutta. Città troppo caotica.
Sento una vibrazione nella tasca. È il mio smartphone. Sullo schermo vedo la scritta Amore.
«Mila, tesoro.»
«Ciao, John. Sei già arrivato a Canberra?»
«Sono arrivato a Sydney due ore fa.»
«Come mai così tardi?»
«Ho perso il volo perché una svampita si è incastrata lungo la strada per l'aeroporto. Dal modo di guidare, ti assomigliava.»
Uno sbuffo risentito. «Sei sempre il solito. E quando arriverai?»
Non le rispondo subito. Mi sto aggiustando le stringhe, quando vedo una gonna che sventola sul sedile accanto al mio. La pelle nuda cattura i miei occhi all'istante.
«Ehi! Mi stai ascoltando?», recrimina Mila.
Mi riscuoto. «Sì, certo. Fred dovrebbe ripartire domani, ma non sono sicuro di quando. Comunque, penso che sarò pronto in mattinata.»
«Ok. Ti verrò a prendere alla stazione. Dovrebbe arrivare anche mia cugina.»
«La figlia di quale zio?»
«Zio Fred.»
«Non lo conosco.»
«Ovviamente. La famiglia Barryk non è nota per la sua estroversione. È la prima volta che la lasciano uscire. Vedrai che ti piacerà.»
«Mai quanto te.»
«Don Giovanni da strapazzo.»
«A presto, amore.»
Riaggancio. Con la coda dell'occhio noto un paio di cosce da urlo che hanno preso posto di fianco a me. Snelle, ma toniche.
Alzo lo sguardo.
C'è una ragazza. L'ho messo a fuoco solo ora. E che ragazza!
La gonna che sventolava è parte di un lungo vestito dai toni rosso scoloriti. Le sta d'incanto. Una camicia scura abbinata entra nel mio campo visivo. Sopra, un bottone color panna strizza un seno voluttuoso.
Mentre l'autobus riparte, lei si volta. Vede il mio sguardo e accenna un saluto di cortesia.
Rimango imbambolato. Poi replico con un mezzo sorriso. Che gnocca!
Cerco di distogliere l'attenzione da quel viso d'angelo. I suoi capelli castano chiari, corti ma non troppo: arrivano poco sotto al mento. Mi riesce davvero difficile mantenere l'interesse altrove.
Torno a guardarla.
Purtroppo per me, lei se ne accorge. «Ho il viso sporco?», mi domanda.
«C-Che?»
«Vedevo che mi fissavi. Stamani sono uscita di corsa e non vorrei essermi imbrattata con il make-up.»
«No, stai benissimo.»
«Non è che sei uno di quei pesci lessi, allora?»
«Pesci lessi?»
«Quegli uomini in attesa di una ragazza da agguantare. Che sbavano a giornate dietro alla prima gonnella che gli capita a tiro. Magari pure sposati.»
«Cosa vai pensando. Ti pare?»
Mi sorride. Io anche.
Il rombo del motore e qualche chiacchiera intorno si intromettono nel silenzio tra noi.
«Piacere, Tina», dice lei alla fine.
«John», mi presento porgendo la mano. La stretta è delicata, ho quasi paura di stritolarla. Un profumo di gelsomino mi inonda le narici. Mi piacerebbe venirne avvolto. «E dimmi, dove vai di bello?»
Vedo le sue labbra muoversi, ma il mio sguardo tende a scivolare verso il basso.
Le tre ore che passo con lei sono un inferno. Non sta mai zitta, ma questo è il lato meno disturbante. Il problema grosso è il mio sguardo succube che tenta di scendere a ogni movimento di quel vestito scollato.
«Ci siamo», se ne esce lei alla fine.
«Come?», rispondo senza capire.
«Sono arrivata.»
«Scendi qui?»
«Sì, devo fare alcune commissioni prima di sera. Poi andrò in albergo.»
«Anche io ne ho uno.» Che risposta demente.
Questa volta non riesco a trattenermi. Le guardo spudoratamente il seno.
Lei mi squadra per un attimo, poi si accende. Dalla borsa, la vedo estrarre una penna.
«Dammi la mano.»
«Come mai?», chiedo mentre gliela porgo.
Tina traccia qualche parola sul palmo aperto. Poi rimette a posto la penna. Si alza e se ne va, salutandomi con un: «È stato un piacere.»
«Piacere mio», dico alla scia di profumo che quel fiore lascia dietro di sé.
L'autobus riparte dopo la fermata. Io mi guardo il palmo.
Una strada, un numero civico. Un orario e… interno 27.
Una camera.
Ripenso a quel profumo di gelsomino.
E adesso?
CAPITOLO 2
(799 parole)
Non so nemmeno se avrò il coraggio di bussare alla porta.
Arrivato, mi incammino. Trovo quello che sembra un albergo a tre piani. Noto l'insegna, ma ce n'è una uguale nell'edificio accanto: un basso caseggiato a più locali che si snoda a ferro di cavallo tutto intorno.
Vedo delle targhette di legno. Sopra ci sono dei numeri. Il 27 è proprio là.
Scorgo una porta chiusa e della luce soffusa che emerge dalla finestra.
Mi avvicino. Rivedo nella mia mente quella gonna, quelle gambe. Dannazione.
Uno squillo mi fa tremare. Acciuffo subito il cellulare. Nessuno deve scoprirmi.
È mia moglie.
«Mila, ciao.»
«Allora? Com'è andata?»
«Bene, dai. Tu?»
«Ho finito oggi la distribuzione del materiale pubblicitario. Domani sarò da te. A che ora devo passare a prenderti, piuttosto?»
«Mah, fai tu.»
«John, ma stai parlando sottovoce?»
E che caz… «No, deve essere la linea.»
«A me sembra proprio che tu stia parlando sotto voce.»
L'ultima cosa che voglio è creare un sospetto. «Mi senti, adesso?»
«Molto meglio. A che ora dicevi?»
Guardo la stanza con le luci accese. «Facciamo tarda mattinata. Penso che Fred voglia passare a salutarmi. Quando mai ricapiterà di trovarlo a Canberra?»
«Se si trasferisse…» Pausa. «Ti lascio. Ho una chiamata di mia madre in attesa.»
«Sogni d'oro, tesoro.»
Sento un risolino. Perché? «Anche a te, amore.»
Riaggancio. Sollevo lo sguardo.
Sulla soglia, senza camicia ma con lo stesso abito della mattina, Tina mi fissa.
Alzare la voce mi ha fatto scoprire. Non so se sia un male.
Le sorrido.
Lei attende un attimo. Poi ricambia e mi fa segno di entrare.
Dovrei scappare a gambe levate. Invece, la porta della camera si richiude alle mie spalle.
«Non pensavo saresti venuto. Vuoi qualcosa?»
Mi indica un vassoio con tre bicchieri e una bottiglia di liquore ambrato. Whisky? Un po' forte per una ragazza sui venticinque anni. Oppure sono io che sto diventando vecchio?
«Come mai da queste parti?»
«Passavo di qua.»
Scuse peggiori ce n'erano?
Lei afferra un bicchiere. La malizia le increspa le guance mentre sorseggia. Mi arriva addosso. «E come mai passavi di qua?»
«Ho sbagliato autobus.»
Lei prende la mia mano. La solleva, rendendo il palmo visibile. «All'orario esatto che ti avevo scritto?»
«Un caso.»
«Un caso curioso.»
Si avvicina. Troppo. Sento il profumo che mi inebria.
Non so nemmeno perché sono qui. Voglio bene a mia moglie. La desidero. Ma desidero anche questa Tina. Forse troppo.
Ondeggio, cercando d'indietreggiare. Ma i piedi non si muovono. Gli occhi ricascano giù, tra le pieghe della sua scollatura.
Lei deglutisce, approssima le labbra. Vedo uscire la punta della lingua, poi non vedo più niente perché siamo troppo vicini. Ma la sento sfiorarmi, con quell'aroma di liquore che mischiato al gelsomino mi manda su di giri.
Il mio tono cambia all'improvviso. Diventa autoritario. «Basta, adesso.»
La prendo, spingendola verso il muro. Ma non c'è cattiveria: è solo desiderio. Lei lo ha percepito, perché mi lascia fare.
Incollati, appoggia lentamente le sue labbra sulle mie. Sento la lingua farsi strada attraverso la bocca. Fa tutto lei, e due minuti dopo sono in mutande, con i vestiti ai piedi del letto.
Tuffo il viso sul suo petto e faccio per sollevarle la gonna. Lei ha ancora in mano il suo bicchiere, ma chi se ne frega se lo rovescerà addosso. Anzi, forse è ancora meglio.
Pronto per far esplodere la passione, uno schiocco sordo mi fa bloccare.
Tina toglie la mia mano, riabbassando al contempo il vestito. Le mutandine vengono ricoperte dal tessuto rosso.
Fa due passi indietro. Mi fissa.
No, non sta fissando me. Fissa oltre.
Mi volto.
Merda.
Arraffo i vestiti sul pavimento. Tentando cosa? Di mascherare l'innegabile? Che imbecille, che sono.
«Ciao, John.»
Davanti a me c'è Mila.
«Tu dovevi…?»
«Essere a lavoro?», chiede. «Certo. E anche a te vedo che non manca.»
È troppo calma. Sorride. E lo fa anche Tina, che si piazza al suo fianco. Vedo quasi… una somiglianza.
Un pensiero mi balena per la mente. Non può essere.
Mila lo vede. Sorride ancor di più. Indica Tina. «Ti presento mia cugina, John. Tina Barryk.»
Sprofondo, con maglia e pantaloni davanti alle braghe mezze calate. «Mila… io…»
«Te l'ho sempre detto che sei un Don Giovanni. E vediti ora», sospira compiaciuta.
«Amore, io…»
Tina si piega a metà. «Amore? Ma sentilo.»
Mi monta dentro la rabbia. Ma qualcosa la ricaccia via: mi vergogno per ciò che ho fatto.
«Ciao, John», dice Mila.
Entrambe mi voltano le spalle. Vedo due bei sederi che lasciano la stanza. Ci faccio lo zoom, perché so che non rivedrò più nessuno dei due.
La porta si chiude. Un istante, poi si riapre.
Tina si affaccia. Mi lancia un mazzo di chiavi.
Le raccolgo. Sono quelle della camera.
Tina mi ammicca. «Il conto tocca ai pesci lessi.»
I invite @emmawalt @abdulmomin and @solperez
La tua storia è molto divertente e originale, molto bello il finale a sorpresa! In effetti è stato un po' pesce lesso a cascarci così in fretta, mi dispiace un po' per lui😅 è caduto in una bella trappola!
0.00 SBD,
0.06 STEEM,
0.06 SP
🤣
Nel capitolo 3 (che non c'è) si sta ancora mangiando le mani. 😫
Steemit Challenge Season 26 Week-6: Two-timing
Dear @davidesimoncini, below is the detailed assessment of your submission.
Feedback
It could be a great submission if there wasn't a prompt in place in the contest post.
I am not sure why you decided to write two chapters which was not demand of the prompt and that surpassed the word limit x2
Unfortunately, I didn't understand your interpretation of "prompt". In fact, I even tried to ask you, if you remember. But your answer wasn't clarifying: you defined it as a suggestion on which to develop the story, and this confused me even more. The use of the word prompt, especially in recent years and for me, a non-native speaker, has come to mean a rough element to be developed, rather than a stand-alone premise. In narrative terms, what you call a prompt in your posts is actually a prologue: defining it that way would have made everything much clearer, and I would have simply continued.
Regarding the word limit, I should be complaint: as per the rules, the prompt doesn't count.
I'm sorry I worked so hard for nothing. 😓 Anyway, thank you.
I really enjoyed your story.
Even if the prompt wasn’t fully understood, you’ve managed to create something original and meaningful - a piece that stands strong on its own