Ogni maledetta cena aziendale

in Italy2 days ago (edited)

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Nella precedente vita lavorativa mi è capitato di partecipare, seppur controvoglia, a diverse cene aziendali di Natale. Gli invitati esterni non coincidevano quasi mai con le persone che alla ditta avevano fatto realizzare i migliori risultati, ma con quelle più "influenti" o che destavano altri tipi di interesse.

La lista dei partecipanti infatti era stabilita unicamente dall'alto e tutti i vari suggerimenti di allargare il cerchio a persone forse meno in vista, ma davvero preziose per l'economia dell'azienda, venivano regolarmente ignorati. Insomma la mentalità predominante era del tipo: "Questa è casa mia e qui comando io!"

Il dress code prevedeva l'abito elegante, il classico vestito lungo da sera per le signore e il completo giacca e cravatta per gli uomini. Tuttavia non tutte le persone si sentono a proprio agio in completo da cerimonia e i risultati erano abbastanza evidenti, con scelte e abbinamenti di colori talvolta discutibili.

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I posti a tavola non venivano stabiliti, ma il cosiddetto "capo" faceva di tutto per sedersi vicino alla signora sola di turno, invitata più per fare il cascamorto che per reali convenienze aziendali. E sì, nel caso ve lo steste chiedendo, il soggetto in questione era sposato, ma la moglie regolarmente non veniva invitata.

Anche perché, a farne le veci in via ufficiosa, ci pensava già la collega "ape regina", quella che più di tutte attirava i favori del capo durante l'anno lavorativo. Ho perso il conto delle commissioni che la suddetta era chiamata a svolgere in sua compagnia, commissioni delle quali peraltro nessuno conosceva mai realmente la sostanza.

Ovviamente la "bella abbandonata", nonostante si agghindasse di tutto punto, durante la cena aziendale rosicava parecchio per le attenzioni rivolte dal capo alla signora di turno. Per una sera l'ape regina diventava una comune operaia, e questo proprio non poteva sopportarlo.

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Il suo umore, all'inizio gioioso e da "padrona di casa", mutava in fretta. Un anno finì al centro dei discorsi del suo moroso "segreto", che da vero e proprio cafone non esitò prenderne in giro i difetti con il resto della tavolata. Una sorta di prezzo da pagare per occupare, durante il resto dell'anno, il posto sul piedistallo.

Solo che la poveretta ci rimase piuttosto male e ad un certo punto della cena chiese addirittura a me di riaccompagnarla a casa al ritorno. In macchina assistetti in prima persona alla telefonata successiva che il capo, rientrato nei panni ordinari di amante premuroso (evidentemente con la signora aveva appena rimediato un palo), le fece per domandarle della sua fuga con un altro autista.

Il loro rapporto, benché fosse un po' come il segreto di Pulcinella, ufficialmente non esisteva e naturalmente non mi disse che stava parlando con lui , ma dal contesto e dalla voce risultò subito evidente chi si pendesse dall'altro capo del telefono.

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I due "piccioncini" discussero animatamente per un po'. Lei tenne il punto a lungo, ma alla fine, come sempre, tornò a più miti consigli, addolcendo il tono della voce, terminando la telefonata con un sognante... "Anch'io".

Il suo umore mutò all'improvviso, si mise a cantare ogni melodia che uscisse dalle casse dell'autoradio, accennando persino a qualche balletto. Una volta scesa dall'auto scossi la testa, sorridendo di fronte a quel ridicolo teatrino.

Una serata che da sola, come ogni anno, aveva garantito mesi e mesi di pettegolezzi da ufficio.

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