Il vero problema della Roma [#steemexclusive]

in Italy2 years ago (edited)

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Una premessa, a testimonianza della mia buona fede, appare d'obbligo: da buon tifoso juventino, José Mourinho, sportivamente parlando, non mi sta molto simpatico, e di conseguenza sentitevi pure autorizzati ad interpretare con questo filtro tutto ciò che seguirà. Allo stesso tempo tuttavia, non posso negare l'ammirazione da me provata, oltre che per l'impegno continuo nel sociale, nei confronti della sua teatralità in campo e del modo di identificarsi con la piazza che di volta in volta va a dirigere. Tuttavia, come faccio tutte le volte che scrivo di pallone, proverò ad analizzare la situazione attuale, spogliandomi da qualsiasi pregiudizio.

Lo Special One è stato indubbiamente un grande allenatore, forse il migliore dei tempi moderni. Non si arriva a vincere la Coppa Uefa e la Champions League in due stagioni consecutive, guidando una sorta di "cenerentola" come il Porto, se non si dispone di una capacità superiore alla media di sopperire con le idee alle lacune tecniche dei propri giocatori.

Il suo momento magico è durato più o meno un decennio, partendo dai primi anni duemila, nel quale ha portato al successo, in patria e a volte anche in Europa, tutte le squadre che ha allenato. Da noi rimarrà nella storia l'irripetibile triplete conquistato nel 2010 sulla panchina dell'Inter, che rappresenta in qualche modo anche l'apice della carriera dell'allenatore portoghese.

Da quel momento in poi infatti, la storia di Mourinho ha cominciato un lento ma inesorabile declino, che lo ha portato, tra alti e bassi, ad essere esonerato praticamente da tutti i club che ha allenato. Le avventure al Real Madrid, a Londra, prima col Chelsea e poi col Tottenham, e al Manchester United, vedono tutte un unico denominatore comune: l'esonero del buon José, che dopo un iniziale periodo di luna di miele ha cominciato lentamente ad arrotarsi su sé stesso e sui problemi delle squadre che allenava.

Il calcio, così come tutti gli sport o, più banalmente, le migliaia di lavori presenti sulla faccia della Terra, si evolve e presenta di anno in anno situazioni nuove. Tattiche o modi di giocare vincenti in un determinato periodo (si pensi ad esempio al tiki taka stile Barcellona di Guardiola), possono risultare superati in un batter d'occhio da altri, ideati da allenatori innovativi o collaboratori tecnologici, capaci di ideare quasi in maniera scientifica le giuste contromosse.

Non è un caso che, in tutti i campi della vita, adagiarsi sui risultati ottenuti, senza pretendere di aggiornarsi per rimanere al passo coi tempi e con le evoluzioni, porti in breve ad essere raggiunti e superati dalla concorrenza. Quello che sta accadendo a Mourinho, un tempo innovativo e capace di adattarsi come pochi alle più svariate situazioni, sembra coincidere proprio con la mancata voglia, per superbia o disinteresse, di rimanere al passo con i tempi.

Le sue squadre, e la Roma di quest'anno (eliminata ieri sera anche dalla Coppa Italia per mano dell'Inter) ne è un fulgido esempio, scendono in campo con un'idea di gioco ben precisa, a tratti anche apprezzabile, che tuttavia non appare capace di prevedere cambi o adattamenti in corso d'opera, quando le cose cominciano a non andare nel verso sperato, per un episodio contrario o per l'errore di alcuni protagonisti.

Più volte in stagione, come nella trasferta di Verona o nel derby perso con la Lazio, fino ad arrivare agli ultimi risultati deludenti in campionato e Coppa Italia, la Roma è scesa in campo simile ad un treno posto su un mono binario, incapace di cambiare strada pur all'approssimarsi del burrone e ammantata di troppo orgoglio per ammettere di dover frenare per evitare di precipitare.

Altre invece, quando sembrava avere in pugno la situazione, è andata incontro ad inspiegabili black-out all'approssimarsi della prima circostanza negativa, a dispetto della mentalità vincente che l'ex tecnico di Porto e Inter avrebbe dovuto regalare all'ambiente (celebre la folle gara con la Juventus, passata dal 3-1 al 3-4 in meno di dieci minuti).

A questo punto la domanda sorge spontanea: perché così tante squadre continuano ad aver fiducia in un allenatore apparentemente sorpassato come Mourinho? Perché allenatori che vincono scudetti vengono costretti a pause forzate di anni, mentre per lo special one un ingaggio pare essere garantito, qualunque siano i risultati raccolti nell'ultima stagione?

Mourinho appare ormai più una figura mitologica che un allenatore vincente. Chi lo ingaggia, da una parte ripone ancora qualche speranza sul fatto che il suo genio sopito possa risvegliarsi all'improvviso, dall'altra si affida comunque ai suoi modi di fare, alle polemiche e alle distrazioni, che giustifichino i risultati negativi. In caso di sconfitta la squadra viene sempre, o quasi, protetta da una storiella che la vede al centro dei complotti dei cattivi, arbitri, "poteri forti", avversari disonesti e chi più ne ha più ne metta.

Il problema è che a personaggi come il tecnico portoghese, ci si affeziona così tanto da lasciarsi ipnotizzare dalle ripetute chiacchiere, evitando di vedere la realtà. Si finisce davvero per credere ai complotti o alle spiegazioni più assurde, per evitare di porsi la domanda delle domande: ma non sarà che i nostri problemi coincidono proprio con lui?



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Analisi che condivido, hai mantenuto la promessa di essere neutrale per quanto Mou non potrà mai esserti simpatico.

Io non penso che Mourinho sia il male della Roma, ormai sono convinto che sia un problema di mentalità...di DNA, perché sono decenni che si ripetono sempre le stesse dinamiche ogni anno.
Nonostante questo, ti confesso però che, un po' a tutti i livelli, e nonostante le ultime stagioni non esaltanti, mi sarei aspettato di più dallo Special One.
Forse perché abbagliato dal suo nome altisonante, dalla sua prorompente personalità e dalla sua fama di vincente. O forse solo perché sono un tifoso...ed è giusto che almeno noi ci crediamo sempre.

Un grande abbraccio!!

Amico mio, ti faccio un nome a caso (in realtà nemmeno troppo): dove sarebbe la Roma con Antonio Conte? O con quel folle genio visionario di Nagelsmann? Hai ragione nel dire che l'ambiente è un po' "depresso" dopo anni di scarsi risultati, ma i grandi allenatori servono proprio a questo, ad invertire la tendenza. Ti ricordi dove Conte prese la Juve e dove la portò, vincendo lo scudetto con Matri e Vucinic davanti? Una cosa buona Mourinho l'ha portata ed è l'entusiasmo dei tifosi, encomiabili nel riempire sempre l'Olimpico e nel sostenere la squadra, almeno finché durerà. Poi il calcio è strano, magari tra un po' scatta una molla di qualche tipo e la Roma fa filotto di risultati, ma a giudicare dalle precedenti stagioni di Mou credo sia difficile. 😉

Saluti amico, la mia stima soprattutto per il tuo ottimo lavoro, sono d'accordo con te, assolutamente tutto cambia, si adatta ed evolve. Mourinho ha avuto un decennio d'oro, ma non si è evoluto, la realtà è che è già stato studiato e il suo stile non funziona più, deve innovare per recuperare quella capacità vincente. Per fortuna il calcio ti dà delle opportunità ma devi saperle sfruttare.

Grazie per i complimenti amico! Sono d'accordo con te ma temo che Mou sia troppo pieno di sé stesso per ammettere di doversi evolvere. Nella sua testa lui è ancora lo Special One e le sconfitte delle sue squadre sono colpa di arbitri o giocatori, mai sue

https://steemit.com/hive-130734/@the-gorilla/the-cost-of-failure

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I think that clubs keep recruiting him because he thinks that he's evolving, that he's learning and it's possibly that tactically, he is. But after a couple of years (sometimes sooner), he inevitably loses the support of the dressing room and the failure begins. He's well known in England for being good for 2 seasons, then he gets sacked.

I suspect that tactically, he's evolving (just not as quickly as the likes of Josep Guardiola does) but people / man management wise, he demands respect which many footballers don't possess.

In Rome, after not even six months, he repeatedly fired at some members of the team, calling them not up to the task. The thing I can't stand about him is that he never takes responsibility for mistakes: once it's the referees' fault, another time it's the players' fault, then the lights, the weather etc. That's what great coaches are for, to reverse the trend, but José hasn't been that for a while now.

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