Questione di soldi - Money Matters [Multilanguage]

PIOVE SUL BAGNATO

Può sembrare l'inizio di una barzelletta, e forse un po' lo è, ma questa è la storia di un "tizio", convinto che il suo ex datore di lavoro gli dovesse dei soldi arretrati. D'altra parte, il suddetto datore di lavoro è altrettanto certo di aver chiuso ogni pendenza con il dipendente, tanto da poter esibire persino dei documenti firmati che lo provano.

Trovandosi ai due opposti e ritenendo inconciliabili le relative parti, i due litiganti sono costretti a ricorrere ad un arbitrato per scoprire da che parte sta la ragione: da quella del dipendente, che chiede quasi venti milioni di arretrati, o da quella del datore di lavoro, che sostiene di aver compiuto ogni passo nella maniera corretta?

In queste situazioni non esiste pareggio: o si prova che quei soldi sono effettivamente dovuti, costringendo il datore di lavoro ad aprire il portafogli per sanare le pendenze, o si rimanda il dipendente a casa con le classiche pive nel sacco, magari costringendolo anche a pagare le spese processuali. Piuttosto lapalissiano, penserete voi, e avreste ragione, se non fosse che la storiella in questione appartiene al magico mondo della giustizia sportiva italiana, dove tutto diventa possibile.

_{Una rappresentazione del libro di Lewis Carroll, "Alice nel Paese delle Meraviglie". Hat Jul, CC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons}

Un po' come ad Alice, il personaggio inventato da Lewiss Carroll, quando si finisce in questo particolarissimo "mondo delle meraviglie" in salsa calcistica nostrana, le certezze che si pensava di aver acquisito negli anni lasciano il posto alla fantasia e all'immaginazione. Ogni logica tangibile nel mondo degli umani viene abbandonata, per fare posto a sublimi ricostruzioni di un pensiero parallelo e a trasformazioni o forzature che non si credevano possibili.

In questo luogo magico puoi essere dichiarato fallito per aver pagato i debiti con una settimana di ritardo, ma portato in gloria con un rosso miliardario. Può capitare di essere penalizzati per reati non normati dai codici di giustizia sportiva, ma di farla franca di fronte a testimonianze dirette ed inequivocabili di frode. Nel nostro universo magico, il sospettato è sempre colpevole fino a prova contraria, ma se ha la maglia "giusta" diventa innocente, per "assenza di prove".

E così perché stupirsi se di fronte ai protagonisti della nostra storia, Cristiano Ronaldo e la sua ex squadra, la Juventus, il collegio arbitrale abbia votato per un salomonico pareggio? Il portoghese chiedeva poco meno di 20 milioni di compensi arretrati, la società sosteneva di possedere accordi firmati con il calciatore in cui si dichiaravano sanate tutte le pendenze e i giudici hanno scelto la via di mezzo, condannando la Signora al pagamento di circa 10 milioni. Capolavoro.

_{John Elkann, Marco Alfa, CC BY-SA 2.0, da Wikimedia Commons}

Un po' come si fa davanti ai bambini che si contendono un Kinder Bueno, costringendoli a dividerlo una barretta per uno, gli arbitri della FIGC hanno deciso di fare pari e patta. "Concorso di colpa" è stata la definizione esatta della sentenza, che ha lasciato un po' tutti scontenti e a bocca aperta: se i soldi erano dovuti, perché concederne al portoghese solo la metà? E se non erano dovuti, perché riconoscergliene ugualmente il 50%?

Mistero che due dei tre arbitri responsabili di esprimersi in questo senso dovrebbero spiegare in maniera più approfondita di un semplice comunicato di poche righe. Eppure la logica, quella che in questo mondo viene infinitamente dopo il colore della maglia da giudicare, stabilirebbe in maniera piuttosto chiara le responsabilità della vicenda, se solo si scegliesse di ascoltarla.

In epoca di emergenza sanitaria, Ronaldo aveva regolarmente sottoscritto un accordo con la società per la rinuncia a 4 mensilità del proprio stipendio, rifiutando poi di firmare i moduli federali per il recupero delle spettanze (la cosiddetta "Carta Ronaldo") nell'estate del 2021, proprio per evitare che questi potessero costituire un intralcio alla trattativa di cessione al Manchester United.

_{L'Old Trafford di Manchester, casa del Manchester United. Steve Collis from Melbourne, Australia, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons}

In altre parole, questo il pensiero del portoghese, io non rompo troppo le scatole sui soldi che mi dovete e voi mi lasciate andare al Manchester United, in cambio di quattro noccioline. E a riprova di ciò vi è la liberatoria che i bianconeri hanno fatto firmare all'atleta, in cui dichiara di non nutrire alcun credito nei loro confronti.

Dovrebbe essere finita qui, ma fermi tutti! La Juventus è per due dei tre giudici comunque responsabile di non aver onorato il contratto di prestazioni sportive firmato col calciatore, questo nonostante le scelte e gli accordi firmati successivamente. Non c'è due senza tre, non c'è rosa senza spine, morto senza riso o sposa senza pianto, ma nemmeno processo sportivo senza condanna della Juventus, qualunque siano le motivazioni o ovunque risiedano le ragioni.

La società bianconera ha annunciato l'intenzione di valutare le carte per eventualmente studiare un ricorso, ma un po' come l'agnello di fronte al lupo di Fedro, le possibilità di ottenere ragione in questo sistema sembrano ridotte al lumicino. L'augurio è che quantomeno CR7 spenda questi soldi, qualora davvero dovesse davvero riceverli, per fare del bene (e non in bottiglie di vino da dodicimila euro o nell'ennesima macchina sportiva) e che questo improvviso rosso non costringa a risparmiare sull'allenatore, costringendo alla conferma di Allegri.

Statemi bene, alla prossima!

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