Selenya: l'Ombra di Alfhild - Capitolo 8 - Hothco
Avevano ordinato il pranzo da circa mezz’ora e Joel, fin dal primo momento in cui l’aveva vista arrivare all’osteria, non le aveva ancora tolto gli occhi di dosso; la osservava quasi rapito dal suo modo di parlare e gesticolare, dal suo sorriso, dai suoi occhi. D’altra parte, Freyja aveva notato questa cosa, ma non le recava alcun disturbo, anzi… Nessuno l’aveva mai guardata così prima d’ora. Le veniva naturale aprirsi con lui e raccontargli qualche piccolo dettaglio o episodio buffo della sua strana vita. Su una cosa, però, stava molto attenta: sapeva benissimo che tutto il popolo di Alfhild era a conoscenza della presenza della “bambina dagli occhi color ghiaccio” nel Regno, e sapeva altrettanto bene che Joel non era uno sciocco, sicuramente aveva intuito sin dal primo momento in cui i loro sguardi si erano incrociati chi fosse lei veramente; nonostante questo, non gli aveva mai rivelato la sua vera identità. Era così bello per la ragazza avere finalmente qualcuno con cui parlare che non voleva di certo rovinare tutto iniziando ad attirare l’attenzione su di sé, i suoi doveri e sulla Dea Kaja. Dopo averle versato un po’ di vino, Joel la interruppe.
“Non pensavo si potesse mangiare così bene in questa Baronia. Questa osteria non è niente male. E’ di tuo gradimento?”
“Oh sì, davvero ottimo. Io non sono mai stata in altre…” Non appena si accorse di quello che stava per dire, Freyja tirò un colpo di tosse e riprese a parlare “Volevo dire, non ero mai stata in un’osteria, prima d’ora. Sono contenta di esserci venuta con te. Non so se tu credi nel destino, ma non penso sia stato un caso se ci siamo incontrati al confine.”
“Destino o non destino, non so. L’importante è che ci siamo visti, non credi? Il tempo è volato insieme a te, la tua compagnia è sempre molto piacevole, anche se breve”
“Certo, anche a me fa piacere Joel. Oddio, ma quanto tempo sarà passato? Devo tornare assolutamente dal Sacerdote!” Rispose la ragazza visibilmente in agitazione.
“Il Sacerdote? Tu conosci il grande Kuhgla? Ma solo...”
“Non ho tempo per spiegarti, devo andare. Perdonami. Non so quando potremo rivederci perché devo ripartire e...”
“Per dove? Lascia che venga con te! Per favore! Non è saggio che una donna gironzoli tutta sola per le varie Baronie. Non si sa mai quale pericolo possa incontrare!”
“Non sarò sola, Kuhgla mi accompagnerà. Non preoccuparti, so cavamerla…”
Freyja si alzò dalla sedia e come si girò in direzione della porta, sentì la presa di una mano trattenerle il braccio; la ragazza si girò di scatto e, in quel momento, Joel si chinò verso di lei, le cinse il corpo tra le braccia e la baciò. Per un attimo, quel bacio le fece dimenticare tutto il resto, persino quella strana sensazione che, ogni volta in cui i due entravano in contatto si scatenava.
“Ora puoi andare, piccola dolce Freyja… Buon viaggio!”
La ragazza lo guardò negli occhi e corse verso casa dei suoi genitori.
“Di certo non le avete insegnato ad essere puntuale e rispettosa verso gli altri. Sparire così...” borbottava indispettito Bernard cercando di punzecchiare il Sacerdote.
“Dovete capire che ho solo rispettato il mio dovere e sto cercando di farlo ancora. Negli anni Freyja è stata l’unica, insieme a Kaja, con la quale sia riuscito veramente ad instaurare un legame forte e confidenziale. Non ho scelto io di portarla via, è la legge del Regno; è così dall’alba dei tempi. Se incolparmi vi rende più facile lo scorrere dei giorni, fatelo pure. Ma che non si metta mai in dubbio la mia intelligenza e il rispetto che ho verso la ragazza, darei la vita per lei!”
A queste parole i coniugi Bhilka capirono, nel profondo del loro cuore, che anche l’uomo che avevano incolpato dell’assenza della figlia per tutti questi anni, quello che avevano quasi maledetto, amava Freyja quanto loro. Improvvisamente la porta della dimora si spalancò e comparì la ragazza, ancora affannata per la corsa fino a casa.
“Sono pronta. Ora possiamo andare.”
“Dovresti salutare i tuoi genitori...”
Si spostò verso di loro, prese le mani della madre e le diede un bacio in fronte; poi abbracciò il padre. Entrambi i coniugi si emozionarono, a stento riuscirono a trattenere le lacrime: erano felici di averla finalmente rivista, ma altrettanto tristi di doverla lasciare di nuovo così presto.
“Grazie per avermi accolta, grazie per avermi dato la possibilità di scoprire la mia vera storia. Appena sarò tornata, tornerò a trovarvi. Nel frattempo, pregate la Dea Kaja che possa esserci d’aiuto. Vi voglio bene.”
Decise di girarsi e uscire nel cortile; guardarli negli occhi sarebbe stato troppo difficile, sarebbe stato come abbandonarli di nuovo. Non sapeva cosa sarebbe successo durante viaggio, quale destino la stesse aspettando, per questo era più facile fare così. Maestro e allieva si incamminarono verso la casa di Hothco mentre i Bhilka li osservavano allontanarsi con le lacrime agli occhi.
Durante il viaggio, dentro la mente di Freyja vorticavano mille pensieri: aveva ben impresse le parole di suoi genitori, i ricordi della sua infanzia, la scoperta di un fratello mai visto, dal tragico destino. A questi si alternava l’immagine del volto di Joel, delle sue mani, di quello che provava stando con lui. Non aveva ancora avuto il coraggio di spiegare a Kuhgla quello che era successo con il Generale, aveva paura che lui non approvasse. Anche il Sacerdote rimase in silenzio, per tutto il tempo, pensieroso. Entrambi camminavano a passo svelto osservando le colline della Baronia dei Forestieri, ricche di fiori. All’imbrunire,dopo ore di viaggio, su di una ripida salita, notarono una casa.
“Siamo arrivati, non è vero Kuhgla?” esordì lei arrancando sulla collina.
“Sì. Speriamo che almeno lui possa esserci d’aiuto.”
Come ben noto, tutti i soldati del Regno, dovevano frequentare delle lezioni di Magia Arcana dal Maestro della propria Baronia; gli unici a spostarsi, erano gli abitanti della Baronia di Neve, visto che, in quel luogo, era presente solo il Sacerdote. Su Hothco esistevano tante dicerie: chi lo descriveva come un vecchio antipatico, chi come schivo e freddo, mentre per altri non era che un vecchio stolto dalla barba folta e lunga. Di certo era un insieme di tutte quelle caratteristiche. Appena aprì loro la porta, i due si trovarono di fronte un signore anziano, dalla schiena ricurva, che si sosteneva tramite un bastone; le mani erano ossute, le unghie non curate e le dita ricoperte da folti peli grigi e ispidi. Il volto era ricoperto da una folta barba lunga, a malapena si poteva intravedere la bocca e il resto della pelle era ricoperto di rughe; indossava un saio, tanto che inizialmente Freyja lo scambiò per un frate.
“Been-vee-vee-nuti! Al-al-red mi ha avvi-sato.” disse balbettando Hothco.
“Piacere, io sono Freyja, l’unica in grado di poter contattare la Dea Kaja. Lui è...”
“So presentarmi da solo, sai? Sono Kuhgla, Sacerdote del Regno. Piacere mio, Maestro!” la interruppe l’uomo.
“Non do-vreee-ste stare lì. Entraaa-te!” riferì loro il saggio Maestro. Si recò in cucina dove, da un piccolo piattino di terracotta, prese un piccolo miscuglio di erbe cotte, ancora fumanti, e se le ficcò in bocca. Li fissò silenziosamente per qualche minuto e poi riprese a parlare. “Scusatemi, la mia veneranda età mi ha portato dei problemi. Quando devo tenere le mie lezioni oppure quando ricevo gli ospiti, ho bisogno delle mie erbe curative. Un intruglio che mi permette di parlare senza balbettare per un po' di tempo. Comunque, cosa ci fate qui?”
“Ci ha mandati Alfred, ha detto che potreste avere qualche soluzione riguardo al problema che sta affliggendo Selenya di questi ultimi tempi” rispose Kuhgla.
“Sì, sono al corrente della situazione. Basta guardare fuori dalla finestra la sera, non credete?”
“Non volevo dire che Voi...”
“Non importa cosa intendevate, non sono stupido. Sarò vecchio ma non stupido! In realtà...” disse Hothco osservando Freyja negli occhi, “immaginavo che la ragazza dagli occhi di ghiaccio fosse ormai cresciuta. Quel farabutto di Alexander in qualche modo doveva pur morire. C’è il tuo zampino, vero?”
“Ordini di Kaja, Maestro.”
“Certo. E ora cosa ordina la Dea? Ti ha dato qualche informazione? Presumo di no, altrimenti non sareste qui. Sempre noi poveri vecchi dobbiamo cercare di sistemare la situazione… Vero, Kuhgla?”
“Dovrei prenderla come offesa o complimento?” Forse, iniziava a piacergli proprio al Sacerdote.
“Ah ah ah. Seguitemi, è da circa una settimana che nel mio laboratorio succede qualcosa di strano.”
Dietro uno scaffale in legno della cucina, Hothco infilò una chiave in una piccola serratura e così, come per incanto, si trovarono di fronte a un piccolo passaggio segreto. Attraversarono la porta e si trovarono dentro ad un corridoio completamente buio e che emanava un forte odore di muffa. Dopo circa una ventina di metri, scesero delle scale, leggermente illuminate dal piccolo bagliore delle candele adagiate a terra. Arrivarono così in un piccolo laboratorio, pieno di libri antichi, ampolle, erbe, tutto specificatamente catalogato. Il Maestro tolse un paio di ragnatele da un tavolo e vi appoggiò una cassetta di legno piena di ampolle.
“Ditemi cosa notate, forza” disse continuando a masticare quelle erbe, manco fossero tabacco. Freyja si guardò attorno: quel posto doveva esser veramente vecchio, quasi quanto lui. Tutte le ampolle avevano lo stesso colore verdognolo, tranne una: il suo contenuto era bianco e sembrava stesse ribollendo.
“Quella!” esclamò lei, indicandola. “E’ diversa.”
“Sveglia la ragazza. Esattamente una settimana fa, ha iniziato a bollire da sola ed ha cambiato colore. Non so cosa possa essere o perché si comporti così. Hanno tutte lo stesso contenuto di erbe, ma questa sembra si sia trasformata in un’altra sostanza.”
La ragazza prese l’ampolla nella mano destra ed improvvisamente il suo contenuto si fermò.
“Non scotta. E’ impossibile. Fino a qualche secondo fa...”
Un rumore secco fece sobbalzare tutti: il tappo dell’ampolla si era magicamente staccato da essa, facendo saltare Freyja per lo spavento. Di conseguenza tutto il contenuto era finito sul tavolo, pieno di fogli in cui Hothco aveva scritto per mesi formule magiche, accanto ad una vecchia pergamena.
“Dannata ragazza! Il mio lavoro! L’hai tenuta rinchiusa nelle segrete del Castello? Spaurita che non sei altro! Hai macchiato tutto!” urlava l’uomo.
Nessuno fece in tempo a proferire parola poiché tutto il liquido dell’ampolla si sparse sull’antica pergamena, diventando di colore nero e creando queste strane parole:
Tutti i presenti nella stanza si guardarono, sconvolti. Kuhgla, d’istinto, prese in mano la borsa e cerco immediatamente una cosa: la daga divina.
“Che la Dea Kaja ci aiuti, credo proprio che questa ci servirà ancora...” pensò preoccupato.
Selenya: Le sei Ombre della Luna
Le Sei ombre della Luna - immagine di @armandosodano
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bellissima descrizione...e le parole formatesi hanno un senso....
Grazie mille, sono felice che ti piaccia! :)