La morte non esiste.
Un personaggio zero viaggia dal punto A al punto B, compiendo imprese, incontrando altri personaggi e intraprendendo azioni e muovendosi in percorsi che si intrecciano e causano un finale.
Questa è la sintesi di molti racconti incentranti sul morboso gusto di piacere, dal bisogno atavico di etichette e di seguire le orme già calpestate da altri.
La neve è così bella quando è senza segni di piedi altrui al mattino, dopo una notte di ghiaccio, quando si presenta vergine dinanzi a te, indifesa e ti lascia libero di andare dovunque tu voglia, senza essere influenzato dalla maggioranza delle impronte altrui, scegliendo tu la destinazione.
“In destinazione ostinata e contraria” pensi a vent’anni; in fondo alzavano il braccio destro sino ad ottanta anni fa, costretti, ma lo facevano, perché dovrei credere alla massa e al suo giusto/sbagliato dopo tutti gli errori commessi nei secoli, così simili.
Nell’epoca vittoriana coprivano le gambe dei tavoli perché ricordavano quelle femminili ed era pensiero comune, dovrei davvero credere alla maggioranza?
Oggi non vedo differenza tra politici e youtuber, devo, davvero, bere l’ennesimo sorso di disgusto e fare finta sia tutto giusto in quanto i più lo accettano?
Devo dirvi che stiamo evolvendo, quando non cambia l’uomo, ma al limite il contesto?
Ho perso l’eleganza, odio le domande dirette, di solito adoro sfumare e parlare tra le righe, ma ogni tanto esce il mio lato ruvido.
Non ho ancora trovato un falegname che sappia smussare i miei spigoli, perdonatemi non è facile essere me, questo lo so.
Sono angolo retto molto ostinato detesto essere ottuso o acuto, sono macchia che non va via. So chi sono: tutto e niente come chiunque, amore e odio nello stesso corpo a volte dorme il primo assopito in qualche nuvola altre il secondo.
Conosco i miei difetti: so invidiare e conosco il perché, sono frustrato dall'urlare e non essere sentito. Sono cosciente in sala operatoria consapevole che mi stanno incidendo la pelle, ma impossibilitato a muovermi e a cambiare scena.
Sono timido e introverso anche se fingo disinvoltura con maestria, non ho problemi a dirlo, nell’epoca del rifiuto dell’insicurezza e del superomismo tiro dritto nel bosco più oscuro tappandomi le orecchie, non ho paura del lupo o forse così tanta da non percepirla più.
Preferisco l’equilibrio precario alle verità assolute, la paura di sbagliare alle rette dritte, scelgo l’errore alle imposizioni. Nei fogli devi essere te stesso quando già la vita è teatro e reciti, non mi sento di vergognarmi di niente tra le righe e l’inchiostro.
In catene nell’esistenza ribelle nelle immortalità della scrittura, ferisce più una sola penna che un plotone di esecuzione, le idee non muoiono mai, perciò liberiamoci, almeno, a parole e non importa se un romanzo deve avere un protagonista e un antagonista, scriviamo quello che vogliamo.
Fuori dal branco a vedere cadere i fiocchi solo non è così male, all'esterno dalla calca si respira l’aria che tende al pensiero libero. Certe bestie in cattività non sanno stare altre crepano senza sbarre e dettami precisi da seguire.
Non mi raccontate le fiabe e le storielle, vi leggo come libri aperti, ho provato ogni grado dell’insicurezza, sento un fruscio della timidezza e della finzione nel raggio di dieci chilometri. Non incatenate la letteratura nella prigionia degli schemi già confezionati.
Se non piacerà il vostro “canto” cantante più forte, senza sosta, ma non abbandonate mai gli strumenti che amate perché poco consueti. Un voto, un complimento, l’approvazione per quanto gratificanti non diranno mai chi siete davvero e non vi appagheranno mai. Siamo gazze ladre attratte da ciò che luccica piuttosto che da quello che serve.
I vostri sentimenti non possono essere oggetto di valutazione e se diventasse una semplice gara di stile, lasciate perdere, l’arte non risiede nella competizione, ma nell’anima di creare il bello dove voi lo vedete e comunicarlo grazie alle similitudini che sono presenti in ogni essere e non nelle loro divergenze. Non serve essere originali o strani, siamo già tutti matti basta essere chi si è.
Parole vuote! Non riesco a metterle in pratica, frasi fatte, ma non è facile stare su un filo sferzato dal vento che ti spinge ad omologarti.
La solitudine vibra con forza e terrorizza anche le montagne più dure, ma se per dieci secondi al giorno sapessimo resistere potremmo aprire una finestra dove spiccare il volo e librarci dall’alto sfidando la gravità e le convenzioni e se tutti lo facessimo all’unisono potremmo scappare da una gabbia troppo stretta, quasi disumana.
Siamo, paradossalmente vittime e carnefici di noi stessi, stringiamoci, uniamoci per spezzare l’acciaio dei nostri ceppi.
Non provo rancore ma profonda comprensione per i miei simili, vi comprendo. So che se non aprirete mai quella finestra e non volerete sbeffeggiando il senso comune, capisco che non lo avrete fatto per cattiveria, ma per paura di essere giudicati, vi amo lo stesso.
L’amore incondizionato l’ho provato, so cosa sia, è stato fugace come la cresta dell’onda che si infrange sul più bello mentre il surfista la cavalca avido di emozioni forti.
Nella mia vita ho spaccato molti oggetti: armadi, telefoni, tavoli, vetro. Ora quel vetro che era frutto dell’ira si schianta contro il mio cuore e affonda nella carne, ma non è la collera bensì
è un’esistenza che si è spenta troppo presto, ma nonostante il sole non brilli per l’intera giornata non per questo non scalda o non è essenziale. Tu eri così.
Nella notte non è facile dormire e mi rifugio nell’intimità dei ricordi, creo situazioni confortevoli in cui far sprofondare le palpebre in un sonno profondo e ristoratore. Penso al passato, navigo a vele spiegate in un mare di lacrime, zuppo dei bei momenti e sensazioni piacevoli che sono affondate per sempre, ma rimangono nel fondo come se fossero un vecchio relitto a cui far visita, nelle cupe ore notturne in cui l’attività celebrale diventa insopportabile, e stare meglio. Non ti dimenticherò mai, di questo sono certo.
Non ti nomino, sarò vago eri una persona dotata di una dignitosa riservatezza, non sfrutterò mai la tua sofferenza per farne vanità. Il dolore è un qualcosa di privato, va trattato con tatto.
Non volevi essere fotografata, ti facevano sembrare brutta dicevi, figuriamoci se vorresti un racconto a tuo nome, perciò sfumo con la matita un disegno che incida le mie emozioni con soffice delicatezza, come una carezza leggera che ti raggiunga dovunque tu sia.
Non sono uno che possiede una grossa inclinazione a rispettare le leggi, in un certo modo si potrebbe dire che sono irrispettoso per natura, a te faccio dono di profondo rispetto. Credimi per me è cosa rara, ma già lo saprai. Quando penso a te il mio animo diventa docile, prevale in modo netto l’amore, i problemi sembrano meno ingombranti.
A quattordici anni fumai la prima sigaretta, mi nascondevo sul terrazzo dietro ai vestiti, non è un caso che scelsi come prima sigaretta una Merit, se doveva essere tanto vale emulare i migliori.
Non avresti approvato, questo è scontato, ma sapevi farmi sentire accolto in un caldo abbraccio anche nell’errore. La comprensione non è stupidità è saggezza, ho imparato dalla migliore, nonostante i difetti enormi che ho cerco di essere almeno quello.
Errare è umano e fare sentire in colpa serve a poco, non so se lo sapessi o se lo facessi per amore, ma non ha importanza, conta quello che era.
Nei sogni viaggio veloce verso odori che mi riportano a quei momenti, è inaspettato come il cervello possa fare associazioni incredibili tra un profumo, un colore e un’emozione, rievocandola.
Sono seduto su quei vecchi sgabelli intrecciati sgualciti, il mio era quello più bucato di tutti, in quanto ero il piccolo del gruppo, aspetto un semplice piatto di polpette che ricordo come un’ebete ogni notte, sperando si possa replicare quel senso di tranquillità che provavo e con questo pensiero spingo gli occhi incitandoli a chiudersi e a farmi finalmente dormire.
Questo è sam, quello vero: incongruente, storto, inetto, ma amato da te, un dito in culo al mondo e chi non lo capisce si fotta, noi ci siamo intesi, manchi duramente.
Non so se c’è un Dio, ma spero che un giorno ci terremo compagnia nell’infinità che si perde e daremo di nuovo senso al vuoto.
La morte non esiste finché c'è il ricordo dell'affetto. Scrivere è anche questo e te lo regalo.
Mi dispiace molto per la tua perdita, il tuo dolore è graffiante e amaro.
Ti auguro che i nodi che flagellano il tuo animo tormentato possano, pian piano sciogliersi.
Un rispettoso saluto a te ed alla tua persona cara che è dovuta andar via.
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