Capitolo 5

in #ita6 years ago

Sono finalmente arrivato nel pese vicino dove è accaduto l’incidente ferroviario. Mi accosto alla strada e chiedo ad un passante dove si trova l’ospedale. Non è lontano. Dopo cinque minuti mi trovo parcheggiato davanti.
È un piccolo ospedale a tre piani con le pareti esterne color senape, sulla porta di entrata una scritta in rilievo rossa dice “ San Martino “ .
Nell’entrata in un angolo è ricavato con dei spessi vetri un piccolo ufficio informazioni, all’interno una graziosa ragazza sui 25 anni capelli rossi, impegnata in una conversazione al telefono

  • Ho avuto una paura tremenda, tremava tutto, per un attimo pensavo di morire-
    Mi avvicino e busso al vetro per attirare la sua attenzione.
  • Salve. Mi dica, le posso essere utile? –
  • Salve. Sto cercando una donna che è rimasta coinvolta nell’incidente ferroviario che è successo non lontano da qui.-
  • Non tutti sono stati portati qui. Se mi dice il nome della persona che sta cercando guardo sul registro.-
  • Purtroppo non conosco il nome. Se le può essere di aiuto lei è la donna che hanno mostrato ai notiziari e chiedeva della sua bambina.-
  • Si. Certo, me la ricordo. Ero presente quando l’hanno portata qui. Continuava a chiedere della sua bambina. Ma purtroppo ora non è più ricoverata in questo ospedale. Dopo poche ore che è arrivata le sue condizioni sono peggiorate ed è entrata in coma. È stata trasferita nell’ospedale Gianpaolo. –
  • E dove si trova?-
  • In un paese qui vicino. Mezz’ora di macchina.-
  • Gentilmente mi saprebbe anche dire come si chiama.
  • Espetti che guardo sul registro. Eccola si chiama Catelyn Nelson.
  • Grazie mille. È stata gentilissima.-
    Mi rimetto in viaggio. La mezz’ora di macchina si è trasformata in più di un’ora per me che non sono del posto. Eccolo qui sono davanti al Giampaolo, è decisamente più grande. Cinque piani e almeno tre volte più lungo. Entro e l’ufficio informazioni è al centro della sala subito dopo l’entrata. Dietro al banco una signora anziana dai capelli tinti di viola chiaro.
  • Salve sto cercando la signora Nelson.-
  • Le chi è? Un parente? –
  • Sono un suo carissimo amico. –
  • È la prima persona che chiede di lei. Non siamo riusciti a contattare nessuno. Mi dispiace dirglielo me è in coma.-
  • È possibile vederla?-
  • Questo non è orario di visite.-
  • Non può fare uno strappo? Ho fatto tanta strada.-
  • Visto che è l’unico che è venuto a farle visita, gli faccio questo favore.-
  • Grazie. Lei è veramente buona.-
  • Mi segua la accompagno-
    Prendiamo un ascensore e saliamo al terzo piano, un paio di corridoi ed eccoci.
  • Non posso farla stare molto. Dieci minuti.-
  • Si va bene, grazie. –
    Entrando la vedo sbraita sul letto con una serie di macchinari attaccati. Un bip che segnala il battito del cuore è l’unico rumore che si sente. Rimango qualche secondo sulla porta poi mi decido ad avvicinarmi. Come faccio il primo passo il tempo dei bip sembra che aumenta. Questa cosa mi mette un po' di agitazione ma non mi fermo. Un altro passo e aumenta ancora un po'. È proprio strano. Quando ormai sono accanto a lei il ritmo dei bip è molto veloce. La sua mano si muove di scatto e di nuovo mi afferra il braccio.
  • La mia bambina. –
    Il cuore mi si ferma un attimo dallo spavento.
  • La mia bambina, la devi trovare. Io so chi sei, lo sento. Tu sei uno di noi. È importane che la trovi, lei è la prescelta . -
  • Come faccio a trovarla? –
    Nessuna risposta. Catelyn inizia a tremare. Non so cosa sta accadendo. Nella camera entra di corsa un’infermiera.
  • Lei che ci fa qui? Esca per favore.-
    Resto qualche secondo ad osservare, l’infermiera estrae dalla tasca un flaconcino e una siringa. Si gira verso di me e questa volta con tono arrabbiato.
  • Esca subito. –
    Non me lo faccio ripetere più ed esco.
    Ora sono qui, seduto nell’auto e non so proprio che fare. Mentre rifletto lo stomaco mi brontola , a quel punto mi rendo conto che in tutto il giorno non ho ancora messo nulla sotto i denti. Senza pensarci tanto metto in moto e inizio a girovagare alla ricerca di un bar. Dopo qualche minuto eccone uno, parcheggio di fronte ed entro.
    Dietro al bancone un signore sui sessanta anni con camicia bianca e pantalone nero mi accoglie con non un sorriso.
  • Buonasera, cosa le posso servire?-
  • Sera, un panino e un bicchiere d’acqua. Grazie.-
  • Mi spiace ma il pane è finito, se vuole le posso fare un toast?-
  • Si, va bene anche il toast. –
  • Si accomodi, due minuti e sono da lei. –
    Mi siedo ad uno dei due tavolini posti davanti alle vetrina dal lato opposto al bancone. Mentre aspetto osservo il locale. Tutto l’arredamento avrà almeno quarant’anni. Il bancone tutto in legno, da un lato la macchina del caffè anche lei vecchia e dall’altro lato il registratore di cassa. Dietro attaccato alla parete c’è un mobile lungo quanto la parete, sopra messi ben in ordine una serie di bicchieri, sulla parete una serie di mensole in vetro con sopra delle bottiglie di liquore.
    Il gestore arriva con il toast e l’acqua.
  • Ecco a lei, buon appetito.-
  • Grazie. –
  • Lei non è di queste parti? –
  • No. –
  • È un giornalista? È venuto a vedere dove è successo l’incidente? In questo periodo ne sono venuti molti.-
  • Non sono un giornalista. Ma vorrei lo stesso vedere dove è successo. –
  • Non hanno ancora capito cosa ha provato un tale disastro. Pensi che non hanno ancora rimosso i vagoni. Dicono che ci sono delle indagini in corso.-
  • È distante da qui?
  • Non molto. –
  • Mi può dare delle indicazioni? -
  • Certo. Segua a sinistra questa strada, a un paio di chilometri si trova di fronte la ferrovia, si vede non può sbagliate, prenda a destra, circa dieci chilometri ed è arrivato. –
  • Grazie .-
    Non mi conviene andarci ora, ormai è tardi sta già iniziando a fare buio. Mi tocca passare la notte in macchina. Non ho molti soldi per permettermi un hotel. Uscendo, davanti alla porta del bar, un uomo mi passa di fronte, i nostri sguardi si incrociano, un brivido mi percorre tutto il corpo, per un istante rimango immobile. Che stana sensazione. Lo guardo girare l’angolo. Istintivamente lo seguo, giro l’angolo mi guardo intorno e la strada è deserta. Non c’è nessuno. Sparito. Chi sa chi è?
    Tutti questi eventi strani mi mettono a disagio.
    Torno alla macchina e vado alla ricerca di un posto tranquillo dove passare la notte. Mi fermo in un piccolo spiazzale di fianco ad una chiesa non lontano dal bar. Sono decisamente stanco. Abbasso il sedile e mi sdraio. Dal parabrezza vedo il cielo, rimango incantato ad osservare il luccichio delle stelle, non lo avevo mai fatto e devo dire che mi rilassa.
    Lentamente gli occhi si chiudono.

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