Il mostro di Firenze. Storia del serial killer italiano. Parte 8

in #ita7 years ago (edited)

Dopo tanti anni di terrore gli inquirenti su una pista ritenuta valida. Il Maresciallo Fiori infatti si ricordò di un delitto simile a quelli compiuti dal cosiddetto mostro di Firenze avvenuto nel lontano 1968 e andando a rivedere quel fascicolo scoprirono che l’arma usata in quel duplice omicidio dimenticato era la stessa usata nei successivi delitti. In quel fatto delittuoso furono indagate diverse persone, soprattutto un gruppo di sardi dal quale ne uscì colpevole il marito della ragazza uccisa mentre si trovava appartata in auto in compagnia dell’amante.


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Apparentemente il caso sembrò risolto col marito condannato, ma l’arma non fu mai ritrovata. Arma che ha continuato a colpire nei delitti successivi. Pertanto gli inquirenti sospettano che sia finita nelle mani di qualcuno appartenente a quel gruppo di sospettati.

Uno di questi, Francesco Vinci, venne arrestato ma poi avvenne un nuovo delitto quando questi si trovava dietro le sbarre. Dall’euforia gli inquirenti ripiombarono coi piedi per terra ma senza abbandonare le indagini verso quella cerchia collegata al vecchio delitto del 1968. Interrogarono di nuovo il marito condannato e lui, come già avvenuto in passato, rilascia dichiarazioni confuse. Gli ultimi 2 nomi che fa sono quelli del fratello e del cognato i quali vengono subito arrestati. Adesso i fermati per essere i responsabili dei delitti sono ben 3. Gli inquirenti si sentono vicini alla soluzione. Ma non sarà così.

Vicchio (FI), 29 luglio 1984

E’ estate e ci troviamo in pieno Mugello. Tra queste colline diventate tristemente protagoniste di questa vicenda sono nati Giotto e Beato Angelico, maestri della pittura fiorentina.
E’ una calda serata di luglio e 2 ragazzi, forse anche tranquillizzati dagli ultimi sviluppi della vicenda, non hanno timore di appartarsi in una zona chiamata “la boschetta”. L’ultimo ed unico fin’ora delitto avvenuto in quella zona è avvenuto ben 10 anni prima quando i 2 ragazzi erano dei bambini. Pia Rontini diciottenne e Claudio Stefanacci di 22 anni decidono di appartarsi alle ore 21:30 circa.


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Erano usciti di casa dicendo che sarebbero rientrati molto presto. Ma ormai è già notte e i genitori preoccupati danno l’allarme. Il paese è piccolo e la notizia del mancato rientro preoccupa un po’ tutti. I più adulti hanno subito il ricordo del passato e la preoccupazione sale. In molti nel paese si mettono a cercarli nella campagna circostante fino a che un amico della coppia sa che si appartano solitamente in un luogo. E’ lì che andranno a cercarli ed è lì che purtroppo verranno ritrovati ormai a notte inoltrata, quasi alle luci dell’alba. La scena è raccapricciante come avvenuta negli anni passati. Il solito modus operandi con l’accanimento sul corpo della ragazza. Non c’è dubbio, il mostro di Firenze aveva colpito di nuovo. Tutti rimangono increduli, compreso gli inquirenti che si sentivano vicini alla risoluzione del caso avendo 3 sospettati in carcere.


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Le indagini

Già dal ritrovamento dei 2 ragazzi iniziano le anomalie. Una di queste è una telefonata ai Carabinieri che indica un incidente sulla stessa via dove avvenuto il ritrovamento dei corpi. Il chiamante si identifica come “il fornaio Farini”. A parte la casualità bizzarra “fornaio/Farini” i controlli evidenzieranno che non c’è stato nessun incidente e non esiste nessun Farini che fa il fornaio. Ma le stranezze non sono terminate. Viene in mente che in carcere tra i sospettati di essere il mostro c’è proprio un fornaio. Inoltre Farini è il personaggio di un fumetto erotico dei primi anni ’80 intitolato “L’assassino del bisturi”.

Sulla scena del crimine vengono ritrovati 5 bossoli, 4 dei cui all’interno dell’auto a prova che gli spari sono avvenuti con braccio proteso oltre il finestrino che presenta il vetro rotto e i frammenti all’interno.


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Gli inquirenti stavano indagando sulla cosiddetta “pista sarda” di cui avevano già arrestato 3 elementi ma che a quanto pare non possono essere loro i responsabili essendo avvenuto un nuovo delitto. Viene quindi perquisita l’abitazione di un quarto elemento collegato a questo gruppo, Salvatore Vinci, fratello di quel Francesco tutt’ora dietro le sbarre. All’interno della sua abitazione viene ritrovata una borsa con dentro stracci macchiati di sangue e polvere da sparo. Gli verrà chiesto cosa ha fatto la sera del duplice omicidio e lui fornisce alibi che vengono confermati solo parzialmente dalla compagna e dal figlio che si era comunque assentato per una chiamata di lavoro serale. Nei successivi interrogatori il sospettato ometterà gli orari e la compagna non ricorda perfettamente dove sono stati. Queste affermazioni non convincono gli inquirenti che perquisiscono di nuovo l’abitazione trovando stavolta dei coltelli compatibili con quelli usati nei delitti.

Il sospettato è titolare di una ditta che effettua interventi domestici. Si scoprirà che nel suo alibi per il delitto del 1983 c’è una chiamata per un intervento effettuata da una donna (classificata come prostituta) che verrà ritrovata uccisa e pertanto non sarà possibile interrogarla per confermare se l’intervento è realmente avvenuto.

Adesso il sospettato è lui. Gli inquirenti scaveranno nella vita di questo personaggio dove troveranno particolari abitudini sessuali. Le ex compagne interrogate riferiranno di un carattere violento. Molti indizi, nessuna prova e un forte sospetto su un personaggio che geograficamente è sempre transitato in luoghi dove sono avvenute morti risultate senza un colpevole.


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Verranno quindi scarcerati i 3 sospettati in precedenza e le indagini si concentreranno su Salvatore Vinci che verrà pedinato intensificando i controlli nei weekend d’estate, ovvero i giorni in cui il serial killer ha solitamente colpito. Ma siamo al 1984 e come la storia ci insegna, nonostante siano state prese diverse precauzioni, non sarà l’ultimo duplice omicidio.

Fine ottava parte.

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