Goldenhour Photography - Importance of the sunset
ORIGINAL WORK BY LYCOS
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The sunset is certainly one of the most spectacular moments of the day, but often the attention that we reserve to it is only due to the curious games of colors that is able to give us. Instead there are organisms for which the sunset is really a key moment of the day, an event able to regulate the most important vital processes: these are plants.
This should not surprise us too much; Thinking about it, in fact, there was an age when also man regulated his existence according to the sunset. Before the invention of the clock and the birth of the conventions that today guide our lives, time was marked by the alternation of day and night. We worked until sunset, we dined when it was dark... And so on.
Plants, in spite of what one might think, have preserved over the centuries the ability to perceive with extreme precision time, and many of the most important processes for a plant, such as flowering, are often regulated by events such as the sunset and the dawn, and from the intervals of time that pass between one and the other. Flourishing at a time when the interval between sunset and sunrise is too long, for example, could mean that you do not have enough light hours to do photosynthesis and generate energy, with disastrous consequences.
Plants therefore use different systems that, interacting with each other, are able to "understand" time with extreme precision. These are mainly proteins capable of assuming different conformations based on the presence or absence of a given type of light; the presence of one or the other conformation represents a signal that is read by the plant along different paths.
The main proteins of this type are cytochromes, cryptochromes and phytochrome. The latter, in particular, is the photoreceptor dedicated to the perception of the presence or absence of light.
Il tramonto è sicuramente uno dei momenti più spettacolari della giornata, ma spesso l'attenzione che gli riserviamo è dovuta unicamente ai curiosi giochi di colore che è in grado di regalarci. Esistono invece organismi per i quali il tramonto rappresenta davvero un momento chiave della giornata, un evento in grado di regolarne i processi vitali: le piante.
La cosa non dovrebbe sorprendere più di tanto; a ben pensarci, infatti, c'è stato un tempo in cui anche l'uomo regolava la propria esistenza in base al tramonto. Prima dell'invenzione dell'orologio e della nascita delle convenzioni che oggi guidano le nostre vite, il tempo veniva scandito dall'alternarsi del giorno e della notte. Si lavorava fino al tramonto, si cenava quando faceva buio... E così via.
Le piante, a dispetto di quanto si possa pensare, hanno conservato durante i secoli l'abilità di percepire con estrema precisione il tempo, e molti dei processi più importanti per una pianta, come la fioritura, vengono spesso regolati proprio da eventi come il tramonto e l'alba, e dagli intervalli di tempo che trascorrono tra uno e l'altro. Fiorire in un momento in cui l'intervallo tra tramonto e alba è troppo lungo, per esempio, potrebbe significare non avere a disposizione abbastanza ore di luce per fare fotosintesi e generare energia, con conseguenze disastrose per l'organismo.
Le piante utilizzano quindi diversi sistemi che, interagendo tra loro, sono in grado di "capire" con estrema precisione il tempo. Si tratta prevalentemente di proteine in grado di assumere diverse conformazioni in base alla presenza o meno di un determinato tipo di luce; la presenza di una o dell'altra conformazione rappresenta un segnale che viene letto dalla pianta lungo diverse vie.
Le principali proteine di questo tipo sono i citocromi, i criptocromi e il fitocromo. Quest'ultimo, in particolare, è il fotorecettore deputato alla percezione della presenza o dell'assenza di luce.
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As we said, phytochrome is a small protein pigment with a molecular mass of 125 kDa; it is present inside the plant cells in two mutually interchangeable conformations, called PR (phytochrome red) and PFR (phytochrome far-red).
The form considered inactive is the PR, and it is present in large quantities in the absence of light. This form is able to perceive the light at wavelengths between 650 and 670 nm, ie the red light. In spite of what would be reasonable to think, the red light component is more abundant during the day than during the sunset, although in our eyes it is masked by other colors. During the day, therefore, the PR works as a receptor for red light, activating itself progressively and transforming itself into PFR.
The PFR represents the active form of the protein, and its relative abundance in reality with compared to PR acts for the plant as the signaling of the day. PFR was wrongly defined as an active form because it was thought to be the only one of the two forms to induce certain activities in plant cells, but today we know that both forms can interact with numerous signaling pathways.
However, the PFR performs its functions during the day but at dusk the light is becoming scarce, and the red component of the light gradually gives way to the infrared component (or far-red). The PFR acts as a receptor for infrared light, and its abundance causes the protein to convert back into the PR form. The new increase in PR compared to the PFR signals to the plant the beginning of the night.
Through this complex system, and with the help of other similar systems, the plants accurately perceives not only the time of day in which it is located, but also the total duration of each of the two main phases, night and day. Understood the main mechanism it is not difficult to understand how it is possible to measure precisely the duration of the intervals.
The transition from PR to PFR and vice versa is neither immediate nor complete, but takes time and is constantly in place: even if one were to reach a condition of equilibrium, this would be a dynamic equilibrium; there would always be a small part of PR, for example, able to spontaneously transform into PFR, just like the opposite. Obviously, the greater the amount of PR produced, and the more stable the system, the longer the duration of the night will be.
The plant is therefore able to perceive the different concentrations of the phytochrome, making an estimate of the duration, in this case, of the night. High percentages of PR will mean long night.
In turn, the more or less marked length of the night is associated with a certain moment of the year and therefore with a particular season.
If we took an autumn flowering plant, which therefore requires a long night to develop inflorescences, and irradiated it with red light in the middle of the night, part of the PR would be converted to PFR, giving the plant the wrong information of the end of the night. The presumed early end of the night, in this case, would be able to block the flowering.
Come dicevamo, il fitocromo è un piccolo pigmento proteico con massa molecolare di 125 kDa; è presente all'interno delle cellule vegetali in due conformazioni, mutualmente intercambiabili tra loro, chiamate PR (phytochrome red) e PFR (phytochrome far-red).
La forma considerata inattiva è quella PR, ed è presente in grande quantità in assenza di luce. Questa forma è in grado di percepire la luce a lunghezze d'onda comprese tra i 650 e 670 nm, ossia la luce rossa. A dispetto di quanto sarebbe lecito pensare, la componente di luce rossa è più abbondante durante la giornata che durante il tramonto, seppure ai nostri occhi sia mascherata da altri colori. Durante la giornata, quindi, il PR funziona da recettore per la luce rossa, attivandosi progressivamente e trasformandosi in PFR.
Il PFR rappresenta la forma attiva della proteina, e la sua grande abbondanza relativa rispetto a PR funge per la pianta da segnalatore del giorno. Il PFR è stato definito erroneamente come forma attiva perché si pensava che fosse l'unica delle due forme a indurre determinate attività nelle cellule vegetali; in realtà, oggi sappiamo che entrambe le forme possono interagire con numerose vie di segnalazione.
Ad ogni modo, il PFR compie le sue funzioni durante il giorno ma al tramonto la luce comincia a scarseggiare, e la componente rossa della luce lascia progressivamente il posto alla componente infrarossa (o far-red). Il PFR funge da recettore proprio per la luce infrarossa, e la sua abbondanza induce la proteina a convertirsi nuovamente nella forma PR. Il nuovo aumento di PR rispetto al PFR segnala alla pianta l'inizio della notte.
Attraverso questo sistema complesso, e con l'aiuto di altri sistemi simili, la pianta percepisce con esattezza non solo il momento della giornata in cui si trova, ma anche la durata complessiva di ciascuna delle due fasi principali, notte e giorno. Compreso il meccanismo principale non è difficile capire come sia possibile misurare appunto la durata degli intervalli.
Il passaggio da PR a PFR e viceversa non è né immediato né completo, ma richiede tempo ed è costantemente in essere: anche se si dovesse raggiungere una condizione di equilibrio, questo sarebbe un equilibrio dinamico; ci sarebbe sempre una piccola parte di PR, per esempio, in grado di trasformarsi spontaneamente in PFR, così come il contrario. Ovviamente, quanto maggiore è la quantità di PR prodotta, e quanto più stabile è il sistema, tanto maggior sarà stata la durata della notte.
La pianta riesce quindi a percepire le diverse concentrazioni del fitocromo, realizzando una stima della durata, in questo caso, della notte. Alte percentuali di PR significheranno notte lunga.
A sua volta, la lunghezza più o meno marcata della notte, viene associata ad un determinato momento dell'anno e quindi ad una particolare stagione.
Se prendessimo una pianta a fioritura autunnale, che necessita quindi di una notte lunga per sviluppare infiorescenze, e la irradiassimo con luce rossa nel mezzo della notte, parte del PR sarebbe convertito in PFR, dando alla pianta l'errata informazione della fine della notte. La presunta fine precoce della notte, in questo caso, riuscirebbe a bloccare la fioritura.
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Clearly, when using expressions such as "the plant perceives the length of the night", it does not refer to perceptions, and consequent actions, aware of the plant.
Despite periodically someone trying to support the contrary, the plants show no sign of conscious choice, but all the patterns that also regulate complex activities have been well characterized in a precise cause-consequence scheme.
However, it is still legitimate to ask how plant organisms have evolved mechanisms of this type over time. The most widespread theory is that the appearance of the phytochromes was not initially linked to the perception of the day-night cycle, but rather to that of the shadow-light alternation.
The first plants were in fact very low, if not even creeping. In such an environment, the first plants that have had the opportunity to rise above the others have acquired an important competitive advantage: they could access the light before and better than the plants below.
Faced with such an innovation, all plant organisms have undergone an evolutionary drive that encouraged the erect and vertical growth, so as to be "first" to light.
It is therefore thought that the origin of the phytochromes is linked to the need to perceive the states of shadow: the presence of shadow signals to the plant the presence of another taller plant nearby, stimulating it to vertical growth rather than other activities such as flowering. In support of this theory it is possible to observe the absorption scheme of the normal chlorophylls: they absorb the red light very effectively; the light coming from the sun, therefore, immediately yields its red component to the first layers of vegetation, leaving a prevalence of infrared light to the lower layers. The perception of this infrared light signaled to the plants that it was necessary to grow in height or, at most, to move away from the source of shadow.
The development of such an answer is almost trivial: between two plants placed in shadow condition, the one that manages to get away from it will have greater success; the distancing mechanism is therefore rewarded and strengthened.
With the passage of time the mechanism has been perfected and its functions expanded, up to the current condition. And if it is true that plants can not develop conscious thoughts and actions, it is equally true that, probably, they are able to appreciate sunrises and sunsets much better than we do.
Chiaramente, quando si utilizzano espressioni del tipo "la pianta percepisce la lunghezza della notte" non ci si riferisce a percezioni, e azioni conseguenti, consapevoli da parte della pianta.
Nonostante periodicamente qualcuno cerchi di sostenere il contrario, le piante non mostrano alcun segno di scelta consapevole, ma tutti i pattern che regolano anche le attività più complesse sono stati ben caratterizzati in un preciso schema causa-conseguenza.
Tuttavia, è comunque lecito domandarsi come gli organismi vegetali abbiano evoluto meccanismi di questo tipo nel tempo. La teoria più diffusa è che la comparsa dei fitocromi non fosse inizialmente legata alla percezione del ciclo giorno-notte, ma piuttosto a quella dell'alternanza ombra-luce.
Le piante ancestrali erano infatti molto basse, se non addirittura striscianti. In un ambiente del genere, le prime piante che hanno avuto modo di elevarsi sopra le altre hanno acquisito un importante vantaggio competitivo: esse potevano accedere alla luce prima e meglio delle piante sottostanti.
Davanti a un'innovazione del genere, tutti gli organismi vegetali sono stati sottoposti ad una spinta evolutiva che incoraggiava il portamento eretto e la crescita verticale, così da arrivare "per prime" alla luce.
Si pensa quindi che la comparsa dei fitocromi sia legata alla necessità di percepire gli stati di ombra: la presenza di ombra segnala alla pianta la presenza di un'altra pianta più alta nelle vicinanze, stimolandola alla crescita verticale piuttosto che ad altre attività come la fioritura. A supporto di questa teoria è possibile osservare lo schema di assorbimento delle normali clorofille: esse assorbono molto efficaciemente la luce rossa; la luce in arrivo dal sole, quindi, cede immediatamente la propria componente rossa ai primi strati di vegetazione, lasciando una prevalenza di luce infrarossa agli strati inferiori. La percezione di questa luce infrarossa segnalava alle piante che era necessario crescere in altezza o, al massimo, allontanarsi dalla fonte di ombra.
Lo sviluppo di una risposta del genere è quasi banale: tra due piante poste in condizione di ombra, avrà maggiore successo quella che riuscirà ad allontanarsene; il meccanismo di allontanamento viene quindi premiato e rafforzato.
Con il passare del tempo il meccanismo è stato perfezionato e le sue funzioni espanse, fino ad arrivare alla condizione attuale. E se è vero che le piante non possono sviluppare pensieri e azioni consapevoli, è altrettanto vero che, probabilmente, esse sono in grado di apprezzare albe e tramonti molto meglio di quanto facciamo noi.
Nikon D3400 and iPhone 6S | |
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70-300mm and Standard | |
September 2018 | |
Sunset | |
Various |
Immagine CC0 Creative Commons, si ringrazia @mrazura per il logo ITASTEM.
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Sources
- Harry Smith (2000). Phytochromes and light signal perception by plants—an emerging synthesis.
- W. Rüdiger, F. Thümmler, E. Cmiel, and S. Schneider (1983). Chromophore structure of the physiologically active form (Pfr) of phytochrome.
eppure a me piace pensare che le piante ci parlino...a modo loro ovviamente! Bel post!
Può essere ;) dopo tutto è comunque vita... Nemmeno troppo diversa dalla nostra!
Per quel poco che so, non essendo un'esperta ma soltanto un'appassionata, le piante hanno dei ritmi che vengono definiti circadiani e che, per l'appunto, dipendono strettamente dall'alternarsi del giorno e della notte (luce-oscurità). A volte, a causa dell'illuminazione artificiale, la pianta viene sottoposta a un grande...posso dire foto-stress? Viene costantemente bombardata dalla luce artificiale, perdendo coscienza dei ritmi naturali. Questo causa un grande stress all'organismo e a volte facciamo danni immensi alla natura anche soltanto con una lampadina. Essere coscienti dei meccanismi che stanno alla base del comportamento animale e vegetale è di grande importanza per tutti, quindi grazie per questo post!
Leggendolo, ho pensato ad una recente esperienza: ho coltivato in vaso dei peperoncini, durante l'estate, e le piante non son cresciute molto in altezza. Le prime nate, hanno raggiunto una certa altezza e hanno subito cominciato a fiorire e quindi a fare crescere i loro frutti; un paio di piantine nate successivamente, invece, hanno avuto evidenti difficoltà: non producevano fiori né frutti, ma si limitavano a crescere in altezza. Dopo circa quattro mesi, la situazione è la seguente: le prime nate sono bassine e un po' rachitiche, hanno prodotto un ciclo di frutti ma poi sono avvizzite; le seconde nate, invece, sono alte e rigogliose, hanno cominciato a fiorire in ritardo ma hanno prodotto un'enorme quantità di fiori e frutti. Mentre le prime impegnavano tutte le loro energie per far crescere i loro frutti, le seconde si preparavano alla fioritura, crescendo in altezza e garantendosi tanta luce e una certa estensione in termini di spazio orizzontale e verticale. Leggendo questo post ho rivissuto e dato un senso "scientifico" agli ultimi mesi di osservazione :)
Grazie sempre della condivisione, è sempre un piacere leggere i tuoi articoli!
Sì, penso che il meccanismo sia stato proprio quello... Moltissime piante, soprattutto quelle stagionali, considerano il frutto come la fine del proproi ciclo annuale, e quindi poi non investono più. Quelle che invece non sono riuscite a crescere subito hanno aspettato a fare i frutti, e sono riuscite in seguito a farlo in modo migliore. Le piante in vaso poi sono molto particolari... Vengono spesso selezionate per avere come priorità il frutto o il fiore, e quindi hanno comportamenti strani...
Grazie a te per il commento ;)
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