La mia proposta per SteemContestItalia - "Con la testa tra le nuvole"
"Luca prova ad aprire gli occhi, ma non ci riesce.
Secrezioni incrostate sulle palpebre, muco nel naso. Il mal di testa non è una sorpresa, il resto sì.
Ieri sera, Luca ha violato una regola della comunità: non gli è consentito pensare ai fatti suoi per più di 45 minuti di fila, perché le risorse intellettuali scarseggiano ancora più dei viveri. Da quando l’effetto serra ha trasformato il pianeta in una immensa Somalia, con guerre e carestie endemiche, l’uso di qualunque risorsa è razionato. L’autismo è punito con la pena di morte. Chi si chiude troppo nel proprio cervello invece di produrre pensieri utili, viene punito con emicranie artificiali, scatenate da elettrodi impiantati alla nascita nel cranio di ogni cittadino."
E’ questa la punizione per chi viola le regole. Non c’è scampo nemmeno nella propria testa, Loro sono ovunque. Eppure è tutto così ingiusto. Il diritto di fare pensieri individuali, di pensare per se stessi, di sognare… tutto svanito. Luca questo non riusciva più ad accettarlo da quando ebbe ritrovato i diari di sua nonna: una sognatrice, una donna con - com’è che diceva lei? Ah sì - “con la testa tra le nuvole”. Chissà cosa significa, avere la testa tra le nuvole. Lesse e rilesse quelle pagine milioni di volte, di nascosto, di notte, per capire come fare. Per imparare.
Eppure sembrava che per sua nonna, stare con questa “testa tra le nuvole” fosse come respirare.
Una scossa fece ridestare Luca dai suoi - di nuovo - pensieri personali.
“Basta, basta, basta” pensò quasi arreso. Si portò una mano alla testa ancora più dolorante dopo la scossa. Quei maledetti elettrodi. Quei maledettissimi elettrodi. Iniziava a comprendere i motivi della tentata fuga da parte di sua madre, quando lui era appena nato. Voleva che lui avesse la possibilità di essere un ragazzo “con la testa tra le nuvole”. Voleva farlo scampare a questo mondo di controllo, di schiavitù. Lei c’aveva provato davvero. Per anni l’aveva disprezzata per avergli fatto passare tanti, tantissimi guai: le continue fughe, le punizioni, i laboratori di riparazione. Lui voleva essere come gli altri, voleva essere utile alla società e pensava che sua madre fosse solamente una povera pazza che seguiva le parole di una vecchia attaccata a ricordi troppo lontani. Si stava ricredendo ora. Forse, per la prima volta dopo anni, Luca capiva sua madre. Libertà, qualcosa di sconosciuto. Qualcosa concessa per soli 45 minuti era davvero considerata libertà? No, anche quella diventava una costrizione tanto dal farti passare la voglia di utilizzare quei minuti perché erano, per l’appunto, inutili.
Luca si stropicciò gli occhi ancora collosi e provò ad alzarsi. Sentì gli arti completamente intorpiditi, per non parlare dell’emicrania, era come se qualcuno stesse martellando il suo cervello.
“Basta, basta, basta”
Luca, quel giorno, decise di dire basta per scegliere la libertà.
(c) Fernando Cobelo