Sogni al sessantanovesimo pianosteemCreated with Sketch.

in #ita4 years ago

Questo racconto è stato scritto per partecipare a Theneverendingcontest n° 72 S2-P5-I2 di @storychain sulla base delle indicazioni del vincitore precedente @adinapoli

Tema: Caffè corretto
Ambientazione: Cantiere

Lunch_atop_a_Skyscraper.jpg
Public domain

Disclaim: Questo racconto è totalmente inventato e prende solo spunto da personaggi ed eventi storici reali (Charles Clyde Ebbet e la celeberrima foto “Lunch atop a skyscraper” scattata nel 1932 al 69° piano del Rockfeller Center in costruzione). Niente di quel che ho scritto qui di seguito ha la pretesa di essere anche solo vagamente biografico, né storicamente accurato, poiché frutto della mia fantasia a partire da pochissimi fatti e personaggi reali.

Sogni al sessantanovesimo piano

Charlie non si dava pace pensando e ripensando alle crudeli parole di sua moglie. Josie era così bella… ma sapeva essere così crudele, a volte! Non riusciva a capire quanto immenso fosse ciò che lui aveva nel cuore, lo sconvolgimento di tumultuose sensazioni che si tramutavano in immagini e che assumeva un senso solo quando guardava il mondo attraverso un obiettivo. E non riusciva a comprendere affatto quella sottile eccitazione che lo attraversava elettrificandone il corpo e la mente quando progettava la foto perfetta, ne sceglieva luogo e soggetto, pellicola e ottica, esposizione ed angolazione. Lei vedeva solo un inutile lavoro da precario, ingaggiato a volte qui e a volte là, sempre in giro a bighellonare col suo “arnese fotografico” o dentro quella buia camera dalle luci rosse, dove sviluppava le sue foto. E pensare che solo pochi anni fa lei si era innamorata di lui proprio perché affascinata da questo suo lato artistico e dai misteri della camera oscura.

<<Le donne…valle a capire!>> gli sfuggì ad alta voce mentre rifletteva sulla sua relazione sorseggiando brevemente un caffè nero.
Un risolino alle sue spalle lo riportò alla polverosa realtà nella quale si trovava, ai rumori di martelli e ferro e travi e cemento del cantiere del Rockfeller Center, un enorme grattacielo che il multimiliardario stava finanziando nel cuore di Manhattan. <<Sei nei guai, amico mio. Vieni qui che ho io la soluzione!>>.
Charlie venne travolto dall’uomo che lo aveva sentito lamentarsi, il quale si aggrappò con un braccio alle sue spalle, cingendolo saldamente, mentre con l’altro braccio gli versava nel caffè da una piccola fiaschetta una dose abbondante di liquido ambrato. Charlie sentiva il puzzo del suo fiato, il calore del corpo dell’uomo, ma non osava muoversi perché quell’operaio era piuttosto muscoloso, specialmente rispetto a lui e ai suoi sessanta chili scarsi. <<Bevi, avanti. Vedrai che ti aiuterà a trovare una soluzione!>>. Lo incoraggiò l’operaio dandogli una bella pacca sulla spalla. Charlie guardò il suo interlocutore e chiese <<Ne sai qualcosa anche tu, non è vero?>>. <<Diavolo, si! Mia moglie sarebbe capace di farmi impazzire se non avessi la mia fiaschetta a tenermi compagnia! Le femmine sono pericolose, dai retta a me. E te lo dice uno che lavora a 850 piedi dal suolo, ma preferisce starsene qui a penzoloni che tornare a casa!>>. Senza nemmeno rendersene conto Charlie aveva iniziato a sorseggiare il suo caffè corretto e a ridere dell’allegria di quell’operaio, di sicuro un irlandese a giudicare dall’accento.
L’uomo gli diede un’altra pacca sulla spalla a suggellare la loro complicità, quindi si allontanò barcamenandosi fra le travi, in bilico sulla struttura del palazzo e a tratti sospeso nel vuoto, eppure senza mostrare alcun tentennamento nonostante di tanto in tanto tirasse fuori la fiaschetta da sotto la tuta da lavoro e le scoccasse di nascosto un breve bacio innamorato.

A Charlie, invece, il caffè corretto iniziava a fare effetto, rendendo il cantiere molto più simile ad una pericolosa casa stregata che ad un moderno grattacielo. Si sedette con la testa che iniziava a girare, guardò l’orizzonte e la città sotto di lui, poi il lavoro che procedeva alacremente attorno a se e l’andirivieni di persone che costruivano un piano dopo l’altro. Si assopì un istante, iniziando a sognare di fluttuare sospeso lì, al sessantanovesimo piano, per poi svegliarsi di soprassalto al fischio della pausa pranzo, l’ora in cui tutti si fermavano e fra un boccone e l’altro scambiavano due chiacchiere.
Si ritrovò sdraiato quasi al bordo del piano in costruzione e si sentì sospeso nel vuoto, mentre sopra di lui le impalcature crescevano ospitando la struttura dei piani successivi. Guardando i muratori che come formichine mangiavano il loro panino in fila sulle travi, allungò istintivamente le mani verso la sua macchina fotografica, intuendo, prima ancora di pensarlo coscientemente, la bellezza di quell’istante.
Forse ancora ebbro per quel sorso di caffè corretto, iniziò a scattare una foto dietro l’altra in giro per il cantiere.

<<Ti va di fare una bella foto coi tuoi amici domani?>> chiese all’irlandese quando lo vide mentre mangiava e scherzava con un gruppo di operai. <<Niente fiaschetta, però: sarà pericoloso. Una foto al 69° piano, sospesi nel vuoto, mentre mangiate allegramente. Che ne dici, amico mio? Lo renderemo qualcosa di immortale, promesso!>>. <<E’ perché vuoi far felice la tua donna?>> Chiese l’irlandese canzonandolo. <<Alla fine lo facciamo sempre per loro!>>, rispose Charlie stringendosi nelle spalle.

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le femmine sono pericolose dentro la mia testa l'ho letto in dialetto siciliano! xD

Bella storia, brava!

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Ecco il caso in cui una bellissima foto crea una bellissima storia...la bellezza crea sempre nuova bellezza.
Brava @piumadoro
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