Lasciati alzare
fonte PIXABAY - Immagine CC0 creative commons
Meticoloso, tutte le mattine - senza neanche alzarsi - Luigi Liegi leggeva le notizie sul cellulare, una valanga di disgrazie si riversava sul suo letto lasciandolo così prostrato che non aveva neanche più la forza di scendere e infilarsi le pantofole.
Provava a rigirarsi, nervoso, per poi riaddormentarsi. Dopo una mezz'ora circa si metteva in una strana posizione, che aveva visto anche in tv, con il sedere sollevato e la faccia spalmata di lato sul cuscino, ma anche questo non gli dava nessun sollievo.
Dopo che l'informazione globalizzata gli aveva comunicato tutte quelle tragedie da ogni angolo del pianeta non poteva affrontare una giornata e infatti non lo faceva.
Se ne stava sdraiato a letto con le anche doloranti, il collo indolenzito a fissare il soffitto chiedendosi perché ancora non l'avesse dipinto di qualche colore che non fosse il bianco. Il bianco gli aveva sempre dato fastidio fin da piccolo, da quando passava ore in preda a tutte le malattie infettive possibili con gli occhi rivolti al cielo.
Sognava affreschi rinascimentali, le nuvole di Magritte o qualunque cosa potesse in qualche modo dargli una prospettiva; ma la pigrizia era troppa e anche la certezza che non sarebbe venuto un buon lavoro se l'avesse fatto lui. Pagare per farlo realizzare gli sembrava uno spreco, una follia. Inoltre, se non avesse scelto la persona giusta, avrebbe rischiato di trovarsi a rimirare una cornice d'erba con delle mucche mal disegnate in una surreale atmosfera infantile.
A cena ne parlò con i suoi ospiti, facendo notare che in fondo il salotto dove dormiva era loro e che abbellirlo avrebbe giovato a lui in primis ma sicuramente anche all'appartamento.
A quel punto il marito della cugina cominciò a fare dei versi inumani con gli occhi strabuzzati mentre muoveva le braccia convulsamente balzando su e giù sulla sedia mentre la poveretta non trovò altro rimedio che scoppiare a piangere.
Immagine di mia proprietà
Il giorno dopo la cugina gli disse che le graduatorie della scuola materna si erano dimostrate infauste al pargolo il quale risultava ancora “in attesa di assegnazione”. Per approfittare del ritorno d’estate e godere degli ultimi scampoli di sole aveva pensato di mandarli a spese sue in un campeggio in toscana.
Luigi, pensando che in realtà volesse scusarsi per la cena ed evitargli le molestie dei decoratori al lavoro sopra al divano, accettò volentieri.
A mezzogiorno in punto, su una macchina carica come quella di un emigrante, con tanto di bara sul tetto e con il pupo installato sopra a una specie di trono, Luigi diede addio alla città. Il marito della cugina stappò una bottiglia di champagne e si fece fare una foto da un passante per condividere il momento felice su Facebook.
Al primo autogrill, Luigi fermò la macchina al distributore e invece di andare verso la cassa, tentò una fuga a piedi. Venne riaccompagnato al veicolo da due robusti benzinai ai quali balbettando disse: “Scusate, un momento di debolezza”.
Impiegarono 7 ore per un viaggio di circa 3 ore, non tanto per il traffico ma per sosta cacca, sosta pranzo, di nuovo sosta cacca, sosta merenda e due svincoli sbagliati, il tutto condito con il repertorio completo dello zecchino d’oro.
Alle 8 di sera Luigi stremato, sbandando sotto il peso del nipote, uno zaino e un paio di trolley, si avvicinò alla reception. Una tizia che ormai pensava di aver concluso le accoglienze per quel giorno, gli snocciolò una serie di frasi fatte, gli scarabocchiò una mappa e infine gli mise in mano una chiave.
Luigi tornò alla macchina, ricaricò valigie e nipote e si addentrò fra i camper destinazione una “glamping”. Ora, bisogna specificare che quando la cugina gli aveva parlato di questa sistemazione lui non aveva capito un granché ma per non sfigurare aveva finto di conoscerla da sempre.
Dopo aver parcheggiato vicino ai bagni in comune, con le solite valigie, il nipote, lo zaino e l’aggiunta della borsa frigo, cominciò a piedi la ricerca dell’alloggio. Svoltando dietro a una siepe vide delle palafitte in legno con scala a pioli e tenda canadese alla sommità. Si mise a piangere. Una bambina gli si avvicinò e gli chiese: “Perché piangi, signore?”. Fra i singhiozzi Luigi le indicò la tenda safari, la bambina gettò un occhiata al cartellino della chiave e gli disse: “No, tu sei lì!” e lo condusse davanti a una tenda malamente ibridata con un bungalow. Luigi per il tremito alle mani e per il sovraccarico di bagagli non riuscì neppure a centrare la serratura.
Verso le 2 del mattino finalmente i due dormivano il sonno dei giusti. Quand’ecco però che Luigi sentì qualcosa che gli batteva sul piede. All’inizio cercò di farlo rientrare nello svolgimento del sogno ma vista l’insistenza del tocco si svegliò di soprassalto senza capire bene dove fosse. Poi venne preso dal terrore: sicuramente qualche bestia si era introdotta nel letto! Cercò a tentoni la luce e scoprì che sul suo piede sbatacchiava il rivestimento dell’abitazione mosso dal vento.
Non ci fu verso di riaddormentarsi, tutti i rumori esterni erano amplificati dalla copertura in gomma e in più il coso frignante si svegliò tre volte. Lugi picchiò dentro in tutti gli spigoli offerti dalla struttura in legno: presto gli fu chiaro che aprendo la porta del bagno non passava nel corridoio e che nella cameretta c’era abbastanza spazio perché il nipote cadesse da letto ma troppo poco perché Luigi potesse manovrare senza lussarsi una spalla.
Alle sette del mattino riprese armi e bagagli e implorò che gli dessero un bungalow tradizionale anni ‘70. Ci perse il 30% del costo del soggiorno ma tanto non pagava lui.
Luigi, un inno alla resilienza :-)
Un muro di gomma, bianco :D
Come scrivi bene. Cosa rarissima di questi tempi! L'italiano è tuo e anche un po' di Luigi...
Complimenti ;)
Gentilissimo! Sono rosso catarifrangente adesso!
Allora sei uomo, non so perché pensavo donna. Poco importa, non cambia il mio parere ;)
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Colpa mia ti ho sviato, sono di colore rosso catarifrangente.
Luigi è un lui, io sono una lei.
Luigi è il tuo doppio maschile? :)
Posted using Partiko Android
;) qualcosa del genere
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