Dialogo sopra i migranti

in #migrazioni6 years ago

Simplicio: vorrei far chiudere i porti perché l’Italia non riesce ad ospitare altri migranti, prima ancora di sapere se si tratta di clandestini o meno. Inoltre l’Europa non sembra interessata nella ridistribuzione, soprattutto per i non rifugiati.

Sagredo: mi domando se esiste una soluzione win-win, ossia dove sia il paese ospitante che i migranti ottengono benefici. Sappiamo ad esempio del loro contributo al PIL, ai contributi alle pensioni. Ma oggi la situazione sembra critica, perché soprattutto l’Italia non riesce a farli fruttare. Persino dei giovani italiani se ne vanno.

Salviati: tempo fa parlando con il mio professore di demografia, che scrive anche per un sito, mi accennava le cosiddette buone pratiche che sembrano aver funzionato nel limitare, in certe condizioni, il flusso dei migranti. Queste, da quel che ricordo, consistevano nel formare direttamente o indirettamente l’individuo (corsi e lavoro), permettendogli così quello che in Italia molti anni fa veniva chiamato ritorno produttivo. Da ricordare anche come una parte degli immigrati che lavora in Italia o in qualsiasi altro paese ospitante, manda le rimesse nel proprio paese d’origine. Il fenomeno delle rimesse, ossia l’inviare una parte dello stipendio alla propria famiglia nel paese d’origine, rappresenta anche uno dei motivi di un altro fenomeno che gli italiani, magari non i più giovani, conoscono: il boom economico.

Simplicio: lo stipendio che percepiscono arriva dal lavoro rubato agli italiani. Entrano in diretta competizione con gli autoctoni, abbassando salari e diritti. La loro quantità e disperazione li rende più inclini a giochi al ribasso.

Salviati: Fusaro usa spesso questa argomentazione, aggiungendo come questo concerto viene orchestrato da persone precise (Soros & co), armonizzato da organizzazioni non governative, sul libro paga delle precedenti persone. Tralasciamo che le ONG portano in Italia solo una parte dei migranti. Più volte Fusaro ha tirato in ballo il concetto di esercito industriale di riserva, stavolgendolo. Originariamente il concetto contiene qualcosa di diverso: l’incentivo ad aumentare la produttività, a causa della competizione nel libero mercato, spinge i capitalisti a sostituire sempre più capitale variabile (lavoratori) con del capitale fisso (macchine ed automi). L’esercito industriale di riserva trova la sua origine in questa sostituzione. Stesso risultato, ma con dinamiche differenti, lo si osserva con la strategia della delocalizzazione. Lo scopo del capitalista sta nel massimizzare i profitti ed accumularne il più possibile, per vari motivi.

Simplicio: e quindi?

Salviati: data l’enorme cultura filosofica e non di Diego Fusaro, consultabile nel suo sito filosofico.net, può sembrare molto strano che egli usa quel concetto in modo diverso...e opposto. Molto strano. Il disoccupato, l’immigrato e disoccupato straniero, rappresentano per lo più una conseguenza del modo di produzione capitalistico.
Simplicio: per questo io dico che vanno aiutati a casa loro! Ad esempio spendere 35€ al giorno per ogni singolo accolto costa molto, ma molto di più che sostenerli nel loro paese d’origine, circa 400€ a testa all’anno.

Segredo: così facendo togliamo anche linfa vitale alle organizzazioni criminali autoctone che ci lucrano. Ma chi ci dice che nel loro paese d’origine non avviene lo stesso? Supponiamo ad esempio che i 400€ a testa vengono inviati al governo straniero. Chi ci assicura che alla persona finale arriveranno 400€ o poco meno? E non diventa assistenzialismo, cosa vista malamente da alcuni gruppi politici italiani?

Simplicio: si possono fare accordi bilaterali con osservatori internazionali. O comunque si possono utilizzare i fondi solo per lo sviluppo di infrastrutture, industrie, ed altro.

Salviati: si, con gli stessi governi che, complici del capitale straniero, svendono su licenza i propri possedimenti e impoveriscono le loro persone. Poi, in vari casi, queste concessioni non risultano nemmeno trasparenti, e quando vengono trovate delle tangenti, qualcuno dice “e ma in questi paesi o si fa così o non si può lavorare”.
Da notare come, per l’Europa, Daesh rappresenterebbe una manna in termini di freni per le migrazioni. Il problema dell’Europa, e quindi del capitale europeo, sta nel fatto che Daesh vuole possedere le leve economiche dei paesi di suo interesse. Ma, sorpresa, spesso queste leve economiche risultano in mano al capitale straniero (europeo, americano, etc.). Un esempio?

Sagredo: la Libia.

Salviati: ecco.

Sagredo: abbiamo l’ENI in Libia.

Salviati: si. L’ENI rappresenta una multinazionale come Apple, McDonald, etc. Ma in Libia non si trova solo quella azienda estera, in quel settore, ma anche aziende petrolchimiche di altre nazioni europee e non.

Simplicio: nei paesi fortemente destabilizzati, dove la gente viene perseguitata dal governo, noi proponiamo delle missioni internazionali. In questo modo possiamo favorire lo sviluppo e fermare le migrazioni.

Sagredo: mi sembra un film già visto tratto da varie storie vere. I paesi che hanno avuto questo trattamento non mi sembra che hanno ottenuto gli auspici desiderati.
Mi sento più confuso ora che quando abbiamo iniziato. Riassumendo: assisterli a casa loro comporta dei rischi derivanti da corruzione ed altro, le missioni internazionali potrebbe avere risultati opposti a quelli desiderati, accoglierli comporta attriti coi paesi europei sulla redistribuzione e con l’occupazione interna. Ma tu, Salviati, che faresti?

Salviati: ho voluto sottolineare l’aspetto multidisciplinare della situazione. Non mi è sembrato il caso di sottolineare anche i fattori che influenzano le migrazioni.

Sagredo: si ho notato parecchia carne sul fuoco. Dall’economia interna a quella politico-economica riguardante il capitalismo, con un po’ di relazioni internazionali e demografia.

Salviati: e si potrebbe allargare il tutto con un po’ di storia. Non dimentichiamoci che vari paesi da cui partono delle persone rappresentano ex colonie.
Ma io partirei dalle dinamiche migratorie e dallo studio del capitalismo, per capire come rimpiazzarlo. Come già detto, dove esiste l’incentivo capitalistico all’aumentare la produzione, esisterà un esercito industriale di riserva crescente, indipendentemente dalla nazione. Se non lo fa già la borghesia autoctona, arriverà quella straniera. Con l’intelligenza artificiale sempre più integrata nel capitale fisso delle aziende, o apprendimento automatico, secondo me le cose verranno aggravate ulteriormente. Sto solo citando un singolo aspetto anti-sociale del capitalismo, ma ne esistono altri.
Secondo il corpo di conoscenza della rivoluzione permanente, i paesi in via di sviluppo non possono portare a termine la rivoluzione senza che paesi più sviluppati arrivano in soccorso facendo a loro volta lo stesso. Quindi servirebbe un nuovo panorama internazionale di rivoluzioni in più paesi, possibilmente senza ripetere gli errori delle rivoluzioni passate.

Simplicio: ogni tanto chi emigra non ha a cuore il proprio paese. Chi davvero lo ama resta per migliorarlo, possibilmente combattendo. Mi pare anche che quello che tu dici assomiglia al nostro motto aiutiamoli a casa loro.

Salviati: una rivoluzione a carattere socialista ha in genere un obiettivo nazionale ed uno internazionale. Ad esempio per Gramsci la questione nazionale italiana si trovava nel sud. L’Italia, al momento, non ha la posizione politica per accendere il fuoco della rivoluzione in vari paesi stranieri. Quindi, in base a quanto ne so di questa concezione, la parte dell’aiuto a casa loro avviene solo quando una rivoluzione ha già avuto luogo in Italia. Ad esempio la Russia, in piena guerra civile e nonostante le difficoltà col cibo, mandava treni carichi di grano in Germania. Ricordo che a quei tempi in Germania si trovavano ad un passo dalla rivoluzione, così come anche l’Italia. In Germania ci penseranno persone vicine a Hitler ad annegare nel sangue i consigli di fabbrica ed altro, come ad esempio Rosa Lussemburgo e suo marito. In Italia ci penseranno, con meno sangue versato, i vari gruppi para-militari di Mussolini, sovvenzionati anche da confindustria.

Simplicio: mandare il supporto che dici, in quelle condizioni, mi sembra comunque un aiuto a casa loro.

Salviati: in quello slogan si trovano strategie di gruppi politici anche molto differenti. Non mi pare il caso di creare più confusione riciclandolo nuovamente. Mi sembra anche molto riduttivo se non errato su vari livelli.

Sagredo: ma perché non abbiamo rivoluzioni nei paesi africani?

Salviati: chiudiamo una porta ed apriamo un portone. Ma per farla breve grossolanamente, mancano le condizioni. Vale lo stesso per l’Italia, pur se da maggio noto sempre più un clima infuocato nell’ambito sociale. Nei paesi in via di sviluppo hanno un’assenza di condizioni leggermente diverse rispetto ai paesi occidentali, a mio avviso. Ma solo questo argomento richiederebbe un approfondimento a parte. Non a caso non sono sceso nei dettagli sul cosa intendo con condizioni.

Sagredo: direi di concludere qui, se anche Simplicio si trova d’accordo. Ho più domande ora sull’argomento che quando abbiamo iniziato. Ma vi ringrazio lo stesso.

Simplicio: grazie a voi, anche se penso di non aver detto abbastanza.

Salviati: Alcuni concetti non li ho trattati a sufficienza, per vari motivi, quindi una parte delle domande può arrivare da questa mancanza. Grazie a tutti, alla prossima.



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Innanzitutto grazie mille della partecipazione.
Il tuo post l'ho trovato geniale e molto esaustivo, riuscendo a tirare nella mischia tutte le anime che in questo momento si contrappongono sul tema caro @gabriele-gio.
Credo inoltre che tu sia riuscito anche a metterci qualcosa di te stesso e questo lo apprezzo sempre nei post che leggo.
Avendo avuto al fortuna di leggere altri tuoi elaborati devo dire che questo è un articolo alla @gabriele-gio.
Scusatemi se è poco :)

Apprezzo che apprezzi.

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