Incidente allo zoo
Questo racconto è stato scritto per partecipare a The Neverending Contest n°127 S2-P6-I3 di @storychain sulla base delle indicazioni di @sbarandelli
Tema: Gelosia
Ambientazione: Comunità di gorilla
Incidente allo zoo
<<E adesso passiamo la linea alla nostra inviata allo zoo di Chicago, dove un gorilla adulto ha appena cercato di aggredire un giovane ragazzo in visita con la scuola. Jane, a te la linea: cosa ci sai dire di preciso?>>
<<Ebbene sì, cari spettatori! Non crederete a ciò che stiamo per raccontarvi. Poche ore fa, mentre un ragazzo di 16 anni visitava lo zoo con la sua classe, è stato afferrato da un gorilla attraverso le sbarre della gabbia. Prontamente tirato via dagli altri compagni presenti, il giovane liceale ha rimediato solo una maglietta strappata, che come potete vedere da queste immagini il gorilla esibisce agli altri membri della sua famiglia come un trofeo, e un grande spavento. Il personale dello zoo sta visionando i video di sorveglianza per comprendere le dinamiche dell’accaduto e stabilire se inibire l’accesso ai visitatori all’area dei primati, se il gorilla è stato spaventato da qualcosa o se la bestia va isolata e vanno presi provvedimenti più severi. Dallo zoo di Chicago è tutto: linea allo studio>>.
<<Grazie, Jane. Vi terremo aggiornati sulla vicenda. E ora le previsioni del tempo…>>
Mark ascoltava passivamente la voce della telecronista, mentre preparava da mangiare per la figlia Kelly che sarebbe arrivata presto per il pranzo. Sua moglie aveva avuto una giornata intensa giù allo zoo e non sarebbe rientrata prima di sera con tutto quello che era successo: avrebbe dovuto sbrogliare la matassa di quel comportamento anomalo e capire se Rocky, il gorilla del telegiornale, poteva essere rieducato. Magari le avrebbe portato un sandwich allo zoo, così avrebbe riempito quel triste pomeriggio. Mentre finiva di rosolare il pollo e i crostini per il pasto della figlia, Mark ripensò a Kelly e al giorno prima e al bel sorriso che aveva stampato sulle labbra. Ricordandosi dell’accaduto, Mark alzò gli occhi al cielo e sospirò: sapeva perfettamente il motivo di tutto quel buonumore: Bob, il compagno della classe di letteratura di Kelly. Uscivano insieme da un paio di settimane, ma lui era stato tenuto all’oscuro di tutto fino al giorno prima, quando Bob l’aveva riaccompagnata a casa dopo la scuola e Kelly aveva voluto presentarglielo. La sua bambina con quel… quel… quel coso! Bob era insignificante, sciatto, insulso e del tutto inadatto al suo angelo. <<Sciocchezze!>> Lo aveva redarguito sua moglie Rachel <<E’ un ragazzo intelligente e abbastanza carino. Si stanno solo frequentando, non devono mica sposarsi! E poi Kelly è grande, può uscire con chi vuole ormai. Fattene una ragione.>>.
Ma che ne poteva sapere, lei! Era una donna…le donne non sanno come si sente un ragazzo a 16 anni! Lui ricordava bene i pensieri che gli passavano per la testa a quell’età… le sensazioni… i desideri… gli ormoni… AH! Inorridiva al solo pensiero che quel… quel Bob potesse camminare a meno di un chilometro da sua figlia! Se fosse dipeso da lui, avrebbe fatto in modo che Kelly non venisse sfiorata nemmeno dai pensieri di un Bob qualsiasi. Ecco perché il giorno prima si era comportato a quel modo quando Kelly gli aveva presentato il timido insignificante Bob. Aveva gonfiato il petto, aggrottato le sopracciglia e utilizzato una voce profonda e spaventosa per dirgli cose che potessero intimorirlo; magari metterlo in fuga per non farsi mai più rivedere.
Il risultato era stato però quello di mettere Kelly in imbarazzo e beccarsi una lavata di capo da sua moglie, che gli aveva detto di non comportarsi come un cavernicolo preistorico e lasciare che Kelly si facesse la sua vita una volta per tutte.
Mentre ripensava all’accaduto del giorno prima, squillò il cellulare: era sua figlia.
“Ciao papà. Resto a scuola a studiare con Emily, domani abbiamo il compito di matematica. No…si…Lo so che hai già fatto il pranzo… Ok…no, ma… Senti, papà, mi dispiace, ma devo proprio studiare, ok? Passa a prendermi la mamma dopo il lavoro. Ci vediamo a cena. Ciao!”
Mark rimase col telefono in mano a guardare il vuoto per un istante. Mentre guardava il pranzo pronto che nessuno avrebbe mangiato, sentiva montare la collera dentro di sé, perché sospettava di essere stato preso in giro e che “Emily” stesse in realtà per “Bob”. Gettò un urlo liberatorio sbuffando forte dal naso come un toro che carica il torero, poi impacchettò il pranzo alla bell’e meglio e si diresse verso lo zoo sperando di poter abbattere la propria collera sulla moglie, farle provare almeno un po’ della frustrazione che provava lui, magari un po’ di senso di colpa… insomma, di trovare conforto per quella sconfortante gelosia verso la figlia che avrebbe potuto farlo presto impazzire.
Camminò a passo così svelto e in sovrappensiero che giunse a destinazione in men che non si dica, rimuginando orridi propositi che oscillavano dal rinchiudere la figlia in casa fino alla menopausa fino alle minacce a tutti i Bob del mondo di non avvicinarsi mai più alla sua bambina, magari di notte, in un vicolo buio, con una maschera sul viso. Nel profondo del suo cuore di padre amorevole, sapeva che questo era molto stupido da parte sua e che niente avrebbe ostacolato la figlia dal trovare il suo posto nel mondo, però in quel momento quegli assurdi pensieri gli davano conforto e almeno loro non erano lì a sgridarlo come tutti gli altri. Cercò sua moglie in sala conferenze, dove erano riuniti i veterinari e i comportamentalisti dediti alla cura dei primati dello zoo. Stavano visionando i video di sorveglianza della giornata, gli avevano detto. Rachel, avvisata da qualche collega, lo aspettava all’esterno, con il viso corrucciato.
<<Mark, tesoro, che succede?! Non vieni mai qui al lavoro: devo preoccuparmi?>>
<<Un uomo non può forse portare il pranzo alla propria moglie? Tua figlia mi ha piantato in asso: doveva studiare con “Emily” a scuola per il compito di matematica di domani, ha detto. Tu lo sapevi?!>> chiese Mark alla moglie scimmiottando delle virgolette con indice e medio di entrambe le mani mentre articolava in modo molto pronunciato la parola “Emily”.
<<Oh, Mark, suvvia! Ancora con questa storia! E’ per Bob, vero? Cosa vorresti fare, chiudere tua figlia in casa per il resto della sua vita?>> chiese Rachel guardando suo marito dritto negli occhi. “No!” pensò Mark in risposta “solo fino alla menopausa in realtà”. Tuttavia preferì non pronunciare queste parole ad alta voce e sostenere lo sguardo della moglie con lo sguardo accigliato, gli occhi aggrottati, le mascelle serrate e le narici dilatate. In modo improvviso e inaspettato, Rachel scoppiò a ridere tenendosi la pancia. Colto alla sprovvista, Mark non sapeva che dire mentre lei lo trascinava per un polso verso la sala conferenze senza smettere di sghignazzare.
<<Rachel, che succede? Sei impazzita?>> gli chiese infine mentre lo faceva accomodare su una sedia davanti a un maxi-schermo. La maggior parte dei colleghi chiacchierava distratta con altri veterinari o era in pausa pranzo e non badava a loro. Rachel fece partire il video di sorveglianza di quel giorno, che riprendeva l’area dove si trovavano i gorilla. <<Ok, adesso dammi il mio pranzo e goditi lo spettacolo>> gli disse prendendosi un sandwich e dandone uno anche a Mark.
Le immagini erano mute, ma abbastanza nitide. Una scolaresca si avvicinava alla gabbia dei gorilla, c’era un gruppetto di tre ragazzi e due ragazze che facevano foto qua e là e scattavano selfie da dietro le sbarre. Una giovane gorilla, incuriosita dal gruppo che probabilmente rideva e scherzava allegramente, si era avvicinata e provava a interagire con loro. Uno dei ragazzi, allora, con una certa spavalda millanteria, aveva iniziato a sfiorare le dita tese della giovane gorilla, avvicinandosi e muovendo le labbra e la faccia in smorfie: probabilmente cercava di imitare i suoni di richiamo dei gorilla. Si era avvicinato davvero troppo alla gabbia e si era pure girato e messo in posa d’avanti ai suoi compagni e alle ragazze che lo filmavano, probabilmente pavoneggiandosi per le sue gesta; all’improvviso dalle sue spalle ecco arrivare a tutta velocità un grosso gorilla dal pelo nero e la faccia deformata dalla rabbia, che afferrandogli la maglietta lo sbatte violentemente contro le sbarre della gabbia allontanando con l’altra zampa la giovane gorilla. Dal filmato si vedevano chiaramente sia il viso terrorizzato del ragazzo che la pronta reazione dei due amici, i quali lo avevano rapidamente afferrato per le spalle e tirato via dalle grinfie dell’animale, al quale era rimasto in mano un brandello della sua maglietta. Il filmato continuava col gorilla che, resosi conto che il ragazzo gli era sfuggito, si rizzava in piedi sulle zampe posteriori e spalancando la bocca in un urlo inudibile cominciava a battersi forte il petto e metteva il gruppo in fuga.
Rachel mise in pausa il video mentre il gorilla si riassestava sulle nocche con lo sguardo accigliato, gli occhi aggrottati, le mascelle serrate e le narici dilatate.
<<Quello è Rocky, il papà di quella giovane gorilla che ha appena raggiunto la pubertà e cercava di interagire con un giovane maschio umano che aveva mostrato interesse per lei facendo dei versi di richiamo. Allora, ti ricorda qualcuno?>> gli chiese Rachel continuando a sghignazzare mentre Mark, accigliato ma divertito, osservava sullo schermo la sua stessa espressione di poco prima.
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